Un caffè con… Mario Pagliaro

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Prosegue il ciclo di interviste
“Un caffè con…”.

Mario Pagliaro è
ricercatore chimico al CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche di Palermo e da
anni lavora anche come formatore manageriale. Opera sia nella divulgazione
scientifica sia nello sviluppo di nuove tecnologie chimiche. Svolge, inoltre, un’intensa
attività pubblicistica scrivendo sul Quotidiano
di Sicilia
, dove tiene la rubrica di energia e ambiente Terza
Ondata
, e su altri giornali italiani tra cui Europa. Dopo alcuni anni trascorsi all’estero rientra in Italia nel
1998 e al CNR fonda il Quality College, una scuola di formazione manageriale
con cui, fino al 2003, ricava le risorse per creare al CNR il suo laboratorio a
Palermo.

Per te il concetto di
qualità è molto importante: che cosa è?
La qualità è molto importante per
tutte le persone: si interseca con i prodotti che acquistiamo ed è il tipico
attributo usato in Occidente quando si parla dei prodotti. Ma la qualità è
soprattutto qualità della vita e qualità delle relazioni umane tra le persone.
Ed è la qualità delle relazioni umane ad essere degradata in Occidente; e non
solo qui ma anche nei paesi a recente e forte sviluppo economico. Un progetto
per il miglioramento della qualità nel mondo del lavoro non può quindi prescindere
da un progetto per il miglioramento della qualità della vita e delle relazioni
umane. L’intero movimento della qualità può essere inteso come un movimento
etico con radici in profonde convinzioni etiche condivise. Invece oggi accade
il contrario: il movimento della qualità è stato ridotto a miglioramento della
qualità produttiva verso la massimizzazione dei profitti economici.

Quale rapporto c’è
fra creatività e scienza e quali sono i modi migliori per comunicare la
scienza?
La creatività è la base stessa della scienza. L’attività scientifica
significa scoprire nuove cose, sia nuovi fenomeni sia spiegazioni nuove per
fenomeni che conosciamo e che sono ancora misteriosi. Perciò, senza creatività
non si può fare ricerca scientifica e non esiste scienza. Il modo migliore per
comunicare – e anche per insegnare – la scienza al pubblico è contestualizzarla
nel suo sviluppo storico e sociale. Lo sviluppo storico fa vedere come un
problema è stato risolto nella sua evoluzione nel tempo e lo sviluppo sociale
fa vedere come i paradigmi scientifici in realtà emergono dalle dinamiche
sociali e ne sono essi stessi parte costituente: non si può separare questa
interrelazione profonda. Se lo si fa,
si produce una sorta di creatura anomala: l’alienazione culturale della scienza
moderna in cui dei “santoni” – gli scienziati – vengono qualificati come
esperti. E ci si rivolge a questi esperti per tutto: dal cambiamento climatico
alla bioetica. In questa alienazione che si è compiuta a partire dalla metà
dell’Ottocento, gli scienziati hanno primaria responsabilità: sono essi stessi
vittime delle loro scelte errate.

Nel 2007 hai fondato
a Palermo, assieme ad Ignazio Licata, l’ISEM
– Institute for Scientific
Methodology.
Quali sono gli obiettivi?
Gli obiettivi di questo costituendo Istituto
mirano a far uscire la scienza da questa dimensione alienata per cui essa
sarebbe altro dalla società e soprattutto dalla cultura. Noi ci auguriamo che
sia un tentativo di buon livello per riportare la discussione sulla scienza, e
sulle sue conseguenze sociali ed economiche, nel dibattito delle
élites culturali. Perché nell’insieme
delle
élites culturali non includiamo
soltanto gli scienziati e gli accademici ma anche tutte le persone, dai
politici agli economisti agli operatori della comunicazione fino agli stessi
studenti, che devono occuparsi delle conseguenze che i frutti della ricerca
scientifica hanno per la vita di tutti noi. E’ un tentativo importante, che stiamo
cercando di sviluppare e per il quale incontriamo fortissima resistenza
specialmente nel mondo accademico.

Sempre alla fine del
2007, hai contribuito alla fondazione del Sicily’s
Photovoltaics Research Pole
: un polo di ricerca sulle celle solari
fotovoltaiche. Quali sono i vantaggi del fotovoltaico e quale panorama si può
delineare? 
L’energia solare fotovoltaica, ovvero l’elettricità ottenuta
direttamente dal sole, si inserisce nell’evoluzione complessiva della civiltà
umana. Evoluzione che all’inizio degli anni Duemila si dirige verso la
generazione di energia da fonti rinnovabili e in particolare verso il sole. Perché
il sole è l’unica fonte energetica primaria di cui abbiamo disponibilità a
sufficienza, anzi ne abbiamo più di quella che in realtà ci occorre. Di fatto l’energia solare, sia nella dimensione fotovoltaica
sia nella dimensione del solare a concentrazione, costituisce il futuro:
l’energia è necessaria per la crescita economica e per pacificare il mondo.
L’idea di fondare uno specifico polo di ricerca in Sicilia è dovuta al fatto
che la Sicilia è la regione italiana con la più alta irradiazione solare. L’obiettivo è quello
di diffondere sul territorio, in maniera stabile, le applicazioni e gli usi
dell’energia solare. E
la Sicilia
sta attualmente recuperando il ritardo iniziale, con grande slancio sia nei
confronti di altre regioni italiane sia nei confronti di altre aree del
Mediterraneo come
la Spagna
o la Grecia.

Quest’anno hai
pubblicato un libro dal titolo Lean
Banking. La banca costruita (davvero) intorno a te
(Aracne). Cosa significa
applicare il pensiero snello al mondo bancario?
Significa semplificare ed
eliminare tutte le attività all’interno della banca che non hanno come
obiettivo il successo e il benessere dei clienti: alla base c’è un orientamento
etico secondo cui gli interessi del clienti sono gli interessi primari della
banca. E’ paradossale ma non dovrebbe sorprendere che due tra le più grandi
banche italiane, entrambe coinvolte nella crisi della finanza internazionale,
abbiano intrapreso, apparentemente con grande slancio, programmi di
miglioramento basati proprio sulla metodologia della “banca snella”. Essere
coinvolti nella crisi finanziaria significa mettere a rischio l’esistenza
stessa dei risparmi raccolti dai clienti e quindi mettere a rischio il rapporto
di fiducia basato sul fatto che la banca si cura dell’interesse dei suoi
clienti e costruisce la sua espansione sul successo e sullo sviluppo dei
clienti, siano essi privati cittadini o imprese. Vediamo, dunque, come sia il
pensiero snello sia il movimento della qualità totale (diffusosi nei primi anni
Ottanta) possano fallire quando, invece di essere basati su una dimensione
etica con al centro l’uomo, si riducano ad una metodologia manageriale con al
centro esclusivamente il profitto e la manipolazione tecnica dei processi
manageriali per accrescere questo profitto, in spregio a qualsiasi vincolo.

Da quattro anni
organizzi il Seminario Marcello Carapezza,
dedicato al geochimico ed intellettuale siciliano, e porti a Palermo persone
con uno sguardo originale sul presente. Quale rapporto c’è tra territorio e
cultura in Sicilia?
E’ un rapporto da ricostruire. Negli anni Settanta operavano
in Sicilia personalità come Marcello Carapezza, nell’ambito scientifico, e
Leonardo Sciascia, nell’ambito letterario. Entrambi risiedevano in Sicilia ed
erano animatori di una intensa vita culturale. Questa vita culturale in Sicilia
si è pressoché azzerata e va ricostruita. Va ricostruita perché i giovani non
hanno bisogno soltanto di educazione tecnica o di alta formazione universitaria:
hanno bisogno di aprirsi la mente e di confrontarsi con le idee più avanzate ed innovative. Come si fa? Portando queste persone qui, facendole incontrare
con i giovani e redistribuendo queste idee attraverso la Rete. Noi facciamo questo,
convinti che il CNR e l’Università debbano recuperare un ruolo di guida culturale
e non solo di guida tecnico-scientifica. Guida tecnico-scientifica che spesso,
in realtà, è di corto respiro perché si esaurisce con la gestione e la fine di
un progetto per poi passare ad un altro e ad un altro ancora. Devo dire che, a
conferma della bontà di questa intuizione del Seminario Carapezza, abbiamo un
forte ritorno in termini di interazione con il territorio, e specialmente con i
giovani che sono comunque il nostro futuro. E’ un aspetto che ci dà grande
soddisfazione.

Hai vissuto in Israele,
Olanda, Francia, Germania. Dopo anni trascorsi all’estero, sei rientrato in
Italia. Quali ragioni ti hanno portato a questa scelta?
La ragione è
esclusivamente una: l’amore personale per queste terre desolate. Desolate non
dal punto di vista dei doni della natura e della storia culturale che sono
forse unici al mondo, ma desolate dal punto di vista dello sviluppo economico e
della centralità in questo mondo globalizzato. Le terre dell’Italia del Sud e
in generale le terre del Sud del mondo hanno futuro soltanto se i giovani di
talento decidono di restare o di tornarci. La mia è stata e continua ad essere
una scelta che ha questa consapevolezza alla base. E’ una cosa che si fa per
gli altri, perché altrimenti queste terre, da una desolazione soltanto economica,
passeranno presto ad una desolazione sociale e culturale che ne causerà
rapidamente lo spopolamento e l’abbandono. Questo non deve accadere, per cui
decisi di tornare: non mi sono mai pentito, anche se continuo a ricevere importanti
e cospicue offerte di lavoro da imprese ed organizzazioni.

Mario_pagliaro


  • Tiziana |

    Gabriele,
    I tuoi caffe’ son sempre gustosi,
    Tiziana… da Miami

  • Tiziana |

    Gabriele,
    I tuoi caffe’ son sempre gustosi,
    Tiziana… da Miami

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