Gli italiani nel mondo, tra neo-mobilità e fluidità. L’edizione 2018 del Rapporto “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes

Questa mattina, a Roma, è stata presentata la tredicesima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo realizzato dalla Fondazione Migrantes (organismo pastorale della CEI – Conferenza Episcopale Italiana).

Si tratta di una importante e corposa ricerca (500 pagine in formato cartaceo) sull’evoluzione della migrazione italiana nel mondo, che dal 2006 scatta una fotografia sugli italiani all’estero.

Nel corso degli anni, hanno contribuito e contribuiscono alla realizzazione del Rapporto numerosi autori (64 nell’edizione di quest’anno), residenti in Italia e all’estero, con il coordinamento di Delfina Licata.

Anche nel Rapporto 2018, viene confermato il trend crescente della mobilità italiana verso l’estero. Dal 2006 al 2018, la mobilità italiana è aumentata del 64,7%, passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE – Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero a più di 5,1 milioni. 

Al 1° gennaio 2018, gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono 5.114.469: l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni.

Storie di speranza, di successi e anche di dolore. Sono le storie degli italiani all’estero, ormai più di 5 milioni di persone. Quasi 130.000 hanno lasciato l’Italia nel 2017, con un significativo incremento degli espatriati over 50. Il panorama è davvero variegato, e ci sono anche situazioni di disagio, come quelle degli illegali in Australia o di chi vive per strada a Londra.

L’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%), mentre in America si registra una presenza del 40,3% con una maggiore concentrazione nel Centro-Sud (32,4%).

Le realtà nazionali più consistenti sono l’Argentina (819.899), la Germania (743.799), la Svizzera (614.545). Nell’ultimo anno, il Brasile (415.933) ha superato numericamente la comunità italiana in Francia (412.263).

Il 49,5% degli italiani all’estero è di origine meridionale (Sud: 1.659.421 e Isole: 873.615); del Settentrione è il 34,9% (Nord-Ovest: 901.552 e Nord-Est: 881.940); del Centro il 15,6% (797.941).

Da gennaio 2017 a dicembre 2017 si sono iscritti all’AIRE quasi 243 mila italiani – di cui il 52,8% per espatrio, ovvero 128.193 italiani. Nell’ultimo anno, la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio arriva addirittura a +36,2%.

Il 37,4% di chi parte ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero le persone tra i 35 e i 49 anni d’età, sono il 25% del totale (poco più di 32 mila persone).

Un’attenzione a sé meritano le fasce di età anagraficamente più mature: nel 2018, l’incidenza è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14.500 circa), e del 7,1% dai 65 anni e oltre (valori assoluti: 5.351 persone per la classe 64-74 anni; 2.744 per la classe 75-84 anni e poco più di mille anziani per chi ha dagli 85 anni in su).

Non si deve pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile (anche se i maschi sono il 55% del totale), poiché si rileva il peso crescente delle partenze dei nuclei familiari. A sottolinearlo, i 24.570 minori (il 19,2% del totale), di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni.

Nell’ultimo anno, gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza.

La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816).

La Germania (20.007 arrivi) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando il Regno Unito (18.517) e la Francia (12.870).

Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più significativa (+140,4%). Da evidenziare, anche, la crescita del Brasile (+32,0%) e quelle della Spagna (+28,6%) e dell’Irlanda (+24,0%).

I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno dall’Italia mostrano che in questo momento ci sia un cambiamento: a partire sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale delle partenze per espatrio da gennaio 2017 a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma come evidenziato le crescite più importanti si notano nelle fasce d’età dai 50 anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su.

Come valutare questi dati?

Nel Rapporto viene spiegato come sicuramente ci sia la necessità di contrastare la precarietà lavorativa di italiani 50enni rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in Italia (definiti nel Rapporto come “migranti maturi disoccupati”). Si tratta di persone ancora lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, infatti, spesso si annida la precarietà: la disoccupazione può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari.

In questo stato di cose, si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni. Con il passare del tempo e con l’evoluzione della mobilità italiana, stanno emergendo nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni, come il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità, fino al completo trasferimento in tutto o in buone parti dell’anno solare (si tratta del “migrante genitore-nonno ricongiunto”).

Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo”: ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero, soprattutto in Paesi europei (principalmente Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (in particolare Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti), è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore.

Un altro profilo emergente è quello del “migrante previdenziale”. Che siano pensionati “di lusso” o persone anziane colpite da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di una categoria di persone che sta acquisendo rilevanza. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta di andare a vivere in Paesi dove c’è una politica di defiscalizzazione, dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il potere d’acquisto è, di conseguenza, superiore. Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno per il trasferimento: vi sono anche altri elementi, più inerenti alla sfera privata, come il clima, l’ambiente culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza. Queste considerazioni trovano dimostrazione nelle mete principali dei “migranti previdenziali”: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Sono luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, dove è possibile fare una vita più che dignitosa (affitto, bollette, spese alimentari economicamente sostenibili) e dove, a volte, con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi (o almeno a incontrare un medico specialista rispetto al problema di salute avvertito) molto più che in Italia.

Mons. Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes, ha commentato: «In tredici anni, tante cose sono cambiate: in meglio, in peggio, poi di nuovo in meglio. E oggi, in peggio per quanto riguarda i temi dell’immigrazione in Italia e dell’emigrazione dall’Italia. La mobilità è stata e tuttora è il tema più preso di mira dalle distorsioni del dibattito pubblico, probabilmente perché è diventato il capro espiatorio del disagio sociale avvertito da tempo in Italia e che stenta ad essere risolto. Povertà diffusa, deficit demografico, invecchiamento inesorabile della popolazione, disoccupazione spietata e trasversale nelle classi di età: sono solo alcuni degli elementi che hanno portato gli italiani, oggi, agli atteggiamenti di stanchezza e rancore sempre più noti e ricorrenti. La guerra tra poveri sta causando diffuse folle rabbiose, ripetuti episodi di violenza e razzismo, numeri sempre più vasti di cittadini disillusi e stanchi, e crescita inesorabile di partenze. La migrazione – tutta, non soltanto quella italiana – è un fenomeno complesso, in continua trasformazione. Non servono solo le statistiche e gli studi. Occorre che lo studio arrivi sulle scrivanie dei decisori politici e soprattutto occorre che lo studioso affianchi le istituzioni, indirizzandole verso giusti e nuovi percorsi di lavoro per e con i migranti. Il passaggio dallo studio all’azione è fondamentale, ma di difficile realizzazione. Noto che è ancora difficile istituire un tavolo di lavoro tra esperti tecnici di questi temi e rappresentanti istituzionali, in modo non solo da riconoscere i problemi nella loro complessità, ma soprattutto tentare una via di risoluzione praticabile».
In modo particolare, il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 ha focalizzato l’attenzione su una precisa categoria di migranti italiani oggi in partenza: i giovani e i giovani adulti, i soggetti con una età compresa tra i 20 e i 40 anni, che hanno lasciato l’Italia nell’ultimo anno o, al massimo, negli ultimi 5 anni, spostando la propria residenza in determinati Paesi del mondo.

«All’interno della ricerca – spiega Delfina Licata, coordinatrice del Rapporto – questo movimento è stato definito come neo-mobilità, volendone sottolineare la contemporaneità ma anche la fluidità. Fluidità, in questo caso, diventa sinonimo di difficile categorizzazione e, quindi, di complessità di un fenomeno che, seppure sia sempre più presente nel dibattito pubblico, resta poco conosciuto nella sua reale consistenza numerica e nelle sue effettive caratteristiche. Per avvicinarci il più possibile alla realtà dei numeri e dei fatti, abbiamo pensato che fosse produttivo analizzare questa specifica tipologia dei migranti italiani di oggi, quelli che frettolosamente vengono definiti ‘cervelli in fuga’, dando per scontato per loro un titolo di studio medio-alto e la positiva riuscita del progetto migratorio. Purtroppo non è così per tutti, e i dati, sicuramente quelli qualitativi, lo descrivono molto bene, delineando anzi una categoria di persone molto eterogenea».

Per rispondere a tanta complessità, si è scelta la divisione per destinazioni. Sono stati così individuati 25 Paesi del mondo, volutamente di tutti i continenti: Albania, Algeria, Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Cina, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, India, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Malta, Nuova Zelanda, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica e Svizzera.

«La scelta – continua ancora Delfina Licata è stata fatta prevalentemente in base alla preferenza di destinazione manifestata da chi è partito recentemente dall’Italia. Sono state però selezionate anche nazioni che si sono particolarmente distinte per crescita numerica in questi ultimi anni (come gli Emirati Arabi Uniti o la Cina), Paesi “storici” dell’emigrazione italiana (come l’Argentina o il Cile) e destinazioni “particolari” (come la Nuova Zelanda, Malta o l’Islanda) che forniscono un riscontro di quanto oggi la mobilità italiana sia spinta da un ventaglio plurimo di motivazioni, che vanno dalla ricerca dell’indipendenza economica e di una occupazione a necessità di tipo sentimentale e/o culturale, dal bisogno di sentirsi professionalmente realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita, dal volersi confrontare con altre realtà, fino al rifiuto di un sistema nazionale, quello italiano, in cui non ci si identifica più».

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 è acquistabile al prezzo di 20,00 euro. Per ordinazioni e per presentazioni, inviare e-mail a: rapportoitalianinelmondo@migrantes.it e/o a redazione@rapportoitalianinelmondo.it.