Nell’immagine: Shane Eaton, scienziato. Credits: photo by Alessandro Cargnoni.
All’inizio del 2017, avevo scritto qui (su questo NòvaBlog) riguardo alle ricerche del giovane scienziato canadese Shane Eaton, che nel 2008 si è trasferito in Italia, a Milano, per lavorare a ricerche di frontiera in campo scientifico-tecnologico.
Nel frattempo, il gruppo di ricerca di Eaton, che opera all’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR (IFN-CNR) di Milano (in collaborazione con l’Università di Calgary, in Canada), ha proseguito le ricerche sui diamanti per computer quantistici, anche per l’analisi delle condizioni climatiche e degli andamenti finanziari, e ha creato sensori magnetici ad altissima sensibilità che promettono di rivoluzionare la scienza biomedica, con applicazioni di alta precisione nell’imaging medico.
In particolare, Eaton e i suoi colleghi hanno realizzato un dispositivo integrato che consente di aumentare enormemente le prestazioni di un computer quantistico grazie ai quBit, ovvero ai bit quantistici a base di diamanti.
Rispetto ai bit tradizionali dei computer classici, i bit quantistici possono essere usati per fare calcoli ultraveloci. In più, questi quBit possono essere sfruttati come sensori ultrasensibili per campi magnetici ottenendo una risoluzione nanometrica che assicura performance ottimali in molti settori, a partire dall’imaging medico. Il team di ricerca coordinato da Eaton è riuscito a utilizzare una peculiarità del diamante, detta in gergo “difetto” (nel reticolo di atomi di carbonio, al posto di due atomi adiacenti si trovano un atomo di azoto e un “posto libero”), per creare quBit particolarmente potenti.
Usando un laser acquistato grazie al finanziamento ottenuto tramite il progetto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca denominato SIR Scientific Indipendent of Young Researchers, il team è riuscito a modificare le caratteristiche fisiche del diamante, mettendo in comunicazione tra loro i “difetti”. È stato così possibile realizzare una rete 3D di quBit in uno stesso diamante. Obiettivo raggiunto grazie alle competenze del team internazionale, a cui hanno preso parte anche la direttrice dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR (IFN-CNR) di Milano, Roberta Ramponi, e del giovane ricercatore indiano Vibhav Bharadwaj.
«L’applicazione concreta di questa affascinante scoperta è molto variegata: con un computer quantistico fatto da quBit scritti nel diamante potremmo eseguire calcoli molto più veloci per risolvere problemi con tantissime variabili, sia per sistemi nanometrici sia a livello macro, legati per esempio allo studio dei cambiamenti climatici, alle previsioni del mercato azionario o alla biomedicina. Inoltre, questi quBit permettono di identificare singole molecole, a partire dagli atomi, studiandone la dinamica e la struttura, aspetto fondamentale per le scienze della vita. Per questo, stiamo studiando un sistema che potrebbe battere tutti i record nella sensibilità magnetica, restituendo immagini molto più precise rispetto a quelle fornite dalla risonanza magnetica nucleare» – dichiara Shane Eaton.
Un computer di diamanti non è economicamente inaccessibile. I diamanti usati, infatti, sono quelli sintetici che costano meno di quelli naturali. E con pochi quBit, si possono eseguire calcoli straordinari.
Ma per poter concludere la ricerca e avviare le sperimentazioni sul campo, il team è alla ricerca di nuovi finanziamenti, sia a livello italiano che europeo.
«Il progetto SIR, vinto tre anni fa, ci ha permesso di proseguire la ricerca sul diamante, ma si rende necessario ancora un ultimo sforzo, umano ed economico, per poter portare a termine questa ricerca dalle potenzialità enormi, che finora ci ha portato ottimi risultati e grandi soddisfazioni – spiega Eaton –. Avevo deciso di trasferirmi a Milano dieci anni fa, anche per il mio amore per la cucina italiana e per la squadra di calcio dell’Inter. E fortunatamente in Italia c’era anche il gruppo più competente al mondo per le microlavorazioni con i laser, gestito dalla Prof.ssa Ramponi e dal Dr. Osellame dell’IFN-CNR di Milano, i quali mi hanno offerto una Borsa di tre anni. Sono convinto che questa ricerca, con il giusto supporto, si rivelerà un grande successo italiano».