L’economia: da scienza triste a scienza necessaria

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Mentre il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha appena comunicato che il tasso di interesse nella zona euro rimane invariato allo 0,15%, ieri l’Istat ha diffuso i dati del Pil in Italia: -0,2% nel secondo trimestre 2014.

L’economia, una volta considerata come la scienza “triste” che studia perché le sue previsioni non si sono avverate, è diventata al giorno d’oggi una scienza necessaria. O, per dirla con l’economista Loretta Napoleoni, è la scienza imprevedibile dell’interdipendenza.

In effetti, in questi anni stanno accadendo eventi che pochi avevano previsto con molto anticipo, come ad esempio lo sbarco delle aziende cinesi a Wall Street, e il progressivo aumento degli investimenti cinesi in Italia (un fatto che può piacere o non piacere ma è comunque un segno dei tempi). E chi avrebbe mai detto che un giorno il grattacielo Gherkin di Londra sarebbe stato messo in vendita e probabilmente verrà acquistato da investitori cinesi ed americani? Qui la news sul sito del Sole 24 Ore.

I flussi finanziari stanno ridisegnando la geografia economica del mondo. Anche il concetto stesso di lavoro sta cambiando: in passato, il lavoro e i contratti di lavoro avevano un certo valore, che oggi è cambiato, in molti casi in maniera peggiorativa. Per quelli della mia generazione (nati da fine anni Settanta/inizio anni Ottanta in poi), inventare un lavoro, o cercare di migliorare la propria situazione lavorativa attuale, è ormai un vero e proprio lavoro. Volenti o nolenti, la Storia sta facendo diventare molti di noi la “start up generation”.

Cosa dovrebbe insegnare il maestro Manzi (1924 – 1997) oggi in Italia? Quattro materie fondamentali: educazione civica, uso del web, educazione finanziaria, sviluppo delle risorse umane. Almeno secondo me.

L’educazione finanziaria, per esempio, è ormai un tema cruciale per tutti.

Già nel 1949, Benjamin Graham (1894 – 1976), uno dei maggiori studiosi di investimenti del XX secolo, pubblicò un libro che nei decenni successivi diventò un classico sui temi dell’investimento finanziario: The Intelligent Investor (HarperCollins Publishers, New York). Nel corso del tempo, il libro ebbe varie edizioni e nel 2005 ne fu pubblicata una (in inglese ancora per HarperCollins) con prefazione al testo di John C. Bogle, oggi 85enne, fondatore di The Vanguard Group e considerato come uno dei “grandi saggi” statunitensi dell’investimento. In quella prefazione, Bogle scrisse varie riflessioni tra cui: “In 1949, stocks were owned by about two million investors, almost solely individuals of well-above-average means. Today, some 90 millions Americans from all walks of life own shares of stock. [ … ] At the same time, as a trading mentality came to dominate the market, a new rent-a-stock philosophy came to hold sway over the former tried and true own-a-stock philosophy. Together, these two trends have served to sharply dilute the role of the investor as a business owner“.

Tradotte in italiano, queste considerazioni di Bogle suonano sostanzialmente così: “Nelle epoche passate, i titoli azionari erano possedute da una élite che aveva possibilità molto superiori rispetto alle persone ‘normali’. Oggi, invece, decine di milioni di americani si ritrovano a possedere azioni. Nel frattempo, è arrivata sul mercato una mentalità orientata alla compravendita temporanea e rapida di investimenti, che si è affiancata alla tradizionale mentalità del possedere un titolo per un lungo periodo di tempo. Messe assieme, nel corso del tempo queste due tendenze hanno attenuato nettamente il ruolo dell’investitore come proprietario di un business attraverso le azioni”.

E dunque, non potendo controllare il comportamento del mercato, è diventato molto importante saper controllare il proprio comportamento come investitore.

In tal senso, anche in Italia ci sono casi di realtà indipendenti attente all’educazione finanziaria, come FinanzaWorld, società di informazione finanziaria fondata da Francesco Carlà nel 1999 con una offerta di corsi anche nell’area dell’educazione finanziaria (per informazioni: qui). Inoltre, c’è anche YouInvest, fondata da Marco Liera nel 2011 come scuola per investire ed indirizzata sia a privati sia a professionisti dell’investimento.

Perché al giorno d’oggi, per moltissimi italiani una domanda fondamentale è: dove trovare il denaro?

Il prestito fra privati può essere una soluzione a patto che il prestito avvenga in maniera legalmente corretta e sicura. In tal senso, Prestiamoci è una start up italiana, autorizzata dalla Banca d’Italia, che mette in contatto chi desidera investire denaro con chi ha necessità di un prestito per esigenze personali (es. ristrutturare un immobile, pagarsi gli studi, organizzare un matrimonio, acquistare una automobile). In sintesi, si propone ai prestatori, che desiderano investire capitali e guadagnare, di effettuare prestiti selezionati, mentre ai richiedenti si offrono tassi di interesse più bassi rispetto al mercato. Michele Novelli, amministratore delegato di Prestiamoci, spiega:” I prestiti personali sono sempre esistiti. Oggi, con Prestiamoci, la gestione del credito tipica delle banche si fonde con la velocità e con le caratteristiche del digitale“. Prosegue Daniele Loro, presidente di Prestiamoci: “Vogliamo operare con responsabilità in un mercato di grande interesse, in virtù dell’innovazione della nostra attività in un settore regolamentato. Per trasparenza e funzionalità, abbiamo allineato la nostra attività ai modelli che stanno avendo maggiore successo nel mondo e in particolare negli Stati Uniti, ponendo allo stesso tempo attenzione alle particolarità del mercato dei prestiti in Italia“.

L’economia è diventata una scienza necessaria, anche in Italia. E agli attuali livelli italiani di tassazione sulle imprese e sui lavoratori, tornano utili queste parole di Sir Winston Churchill (1874 – 1965):

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