Ho ucciso Napoleone [recensione film]

Il pregio del film Ho ucciso Napoleone è quello di avere provato a fare qualcosa di diverso nella commedia all’italiana. D’altra parte, la regia del film è di Giorgia Farina, regista e sceneggiatrice classe 1985, formatasi tra Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Oltre alla regista 30enne, c’è anche una sceneggiatura (scritta assieme a Federica Pontremoli) che mescola la durezza dei rapporti di lavoro nell’epoca attuale con la complessità dell’universo femminile.

Troviamo dunque sullo schermo Micaela Ramazzotti nella parte della protagonista: Anita, responsabile delle risorse umane all’interno di una casa farmaceutica, dove è arrivata, nell’arco di dieci anni, ad una certa quota di potere. C’è anche una relazione clandestina con il suo capo (Paride, sposato con un’altra, interpretato da Adriano Giannini), in seguito alla quale rimane incinta, senza più possibilità di abortire. A complicare la situazione, il licenziamento che viene deciso nei suoi confronti come “vittima sacrificale” di logiche di potere interne all’azienda. Da un giorno all’altro, Anita (single), si ritrova dunque disoccupata e incinta, con la sua famiglia d’origine che non rappresenta un sostegno molto affidabile. La figura del buono che arriva in aiuto alla protagonista viene impersonata da Biagio (Libero De Rienzo), personaggio che nel corso del film diventa molto meno buono di quanto faccia apparire all’inizio. Fino alle pesanti scoperte sul suo conto, che mettono ulteriormente in crisi Anita, costretta a gestire una serie di vicende impreviste: proprio lei che ha fatto dell’austerità e della rigidità i cardini della propria vita.

E qui la narrazione si infittisce fin troppo, con una seconda parte del film che sconfina nel surreale, per poi arrivare ad una salomonica conclusione con Anita riassunta in azienda e (apparentemente) di nuovo legata al suo capo. Biagio, una volta scoperte le sue malefatte, fugge all’estero e riesce a farsi assumere a Parigi da un’altra azienda (ignara della sua vera personalità).

Il titolo riprende un’azione compiuta da Anita nel corso del film: non sapendo cosa farsene, uccide Napoleone, il pesce rosso che le è stato temporaneamente affidato da una bambina che vive con la propria famiglia nell’appartamento accanto al suo.

Una commedia con alcuni spunti interessanti, che progressivamente vira sul grottesco, facendo riflettere sull’intreccio fra rapporti sentimentali, di lavoro, di potere, di fiducia.