Qual è il livello di credibilità dell'informazione in Italia? Per rispondere, si può citare la recentissima ricerca Yes, Credibility. La precaria credibilità del sistema dei media (Centro di Documentazione Giornalistica, 2010): un volume collettivo scritto da studiosi e giornalisti, con il coordinamento degli esperti di comunicazione Paolo Scandaletti e Michele Sorice.
Abbiamo rivolto alcune domande ad uno dei due curatori del libro: il prof. Michele Sorice, docente di comunicazione politica all'Università LUISS "Guido Carli" di Roma, dove dirige il Centre for Media and Communication Studies "Massimo Baldini".
Quale risultati emergono da questa ricerca condotta sulla credibilità del sistema dei media in Italia? Direi che emerge innanzitutto una crisi generale nella percezione della credibilità del sistema dell'informazione. Questo non vuol dire che le testate giornalistiche non svolgano un lavoro coerente e deontologicamente corretto: questo, ovviamente, non riguarda la ricerca. Il nostro studio riguarda il pubblico dei media, studia come i soggetti si pongono in relazione ai media e, in particolare, di fronte all'informazione. I giovani, in particolare, non giudicano credibili le testate informative. La radio è considerata più credibile della televisione, internet più ancora grazie alla ricchezza informativa che sembra consentire. Fra le testate telegiornalistiche è il tg di Sky quello giudicato più credibile (da un pubblico che è però più ristretto di quello di altre testate) mentre il Tg1 della Rai è quello che mostra la peggiore performance relativa: comparando i risultati con quelli di una ricerca del 2006 è evidente il crollo di credibilità della testata. Nel complesso comunque sembra essersi incrinato (in qualche caso rotto) il rapporto fiduciario fra testate e pubblici.
Come si sta svolgendo il racconto mediale della crisi istituzionale in corso in Italia? Premetto che questo aspetto non era presente nella ricerca se non in maniera incidentale, come nel caso di alcune case histories analizzate. Ci sono molti racconti della crisi istituzionale italiana e questo provoca una narrazione globale frammentata. Più che il necessario pluralismo emerge invece la faziosità delle voci narranti. Emerge un quadro di crisi, certo, ma sull'analisi delle cause, dei possibili rimedi e degli effetti delle policies siamo di fronte a un universo narrativo confuso. Si va dalla drammatizzazione come strategia retorica all'omissione come stile giornalistico. Anche in questo caso il Tg1 è un caso di studio interessante anche se non nuovo: lo spostamento di attenzione dai problemi agli aspetti positivi, dal dog-watching alla logica dell'omissione e della complicità non sono nuovi nel giornalismo europeo. Il Tg1 è un caso interessante non per la novità del fenomeno ma per la sua ampiezza.
Nell’opinione pubblica italiana, come viene vissuto il rapporto tra media e politica? Gli italiani sono sensibili alla politica e ne sono una prova il buon risultato in termini di ascolti delle trasmissioni di telepolitica o di approfondimento. Al tempo stesso, però, i cittadini non si fidano della politica e la scarsa credibilità percepita del giornalismo accentua il clima generale di sfiducia. Insomma: un mix interessante di voglia di partecipazione e disincanto. Da qui alcune spinte all'emozionalità, presenti in forme molte diverse sia in alcuni segmenti del pubblico partecipante della rete sia in quelli che rifiutano la politica. Anche se gli esiti comunicativi e sociali derivanti da questi due segmenti di pubblico sono, ovviamente, molto diversi.