Anche quest’anno si è svolto a Los Angeles l’evento di assegnazione dei premi Oscar.
Il film Oppenheimer (USA) è stato il più premiato, con 7 statuette vinte.
Il premio per il miglior film internazionale è andato a La zona d’interesse (Regno Unito, Polonia), regia di Jonathan Glazer.
Statuetta per il miglior film d’animazione a Il ragazzo e l’airone, regia del giapponese Hayao Miyazaki.
Abbiamo chiesto ad alcuni operatori del settore audiovisivo un commento sull’edizione 2024 degli Oscar.
Valentina Martelli è arrivata a Los Angeles nel 2003 in qualità di giornalista RAI e ha maturato una approfondita conoscenza del mercato audiovisivo internazionale, arrivando a creare, assieme alla sua socia in Italia Cristina Scognamillo, l’International TV Forum e Tech in Entertainment: due realtà in fase di crescita, con attività a Los Angeles e a Venezia.
«Durante gli Oscar di quest’anno c’è stata attenzione ai conflitti in corso nel mondo, come la protesta a favore della Palestina che si è tenuta nelle zone limitrofe al Dolby Theatre e la spilla rossa appuntata sugli abiti di molte celebrities, con l’obiettivo di sollecitare la fine delle guerre in corso. L’attore irlandese Cillian Murphy, premiato come miglior attore per il film Oppenheimer, ha dedicato l’Oscar ai costruttori di pace. Il premio per il migliore documentario è andato a 20 Days in Mariupol, centrato sulla guerra in Ucraina. Con il suo secondo Oscar come migliore attrice, Emma Stone è diventata la prima attrice a vincere due Oscar entro i 35 anni. Un altro primato interessante è quello della 22enne cantautrice Billie Eilish: è l’artista più giovane in assoluto ad avere vinto due Oscar nelle categorie musicali, nel 2024 con la canzone originale What Was I Made For? realizzata assieme a Finneas O’Connell per il film Barbie. Nella notte degli Oscar, ci sono stati anche momenti divertenti e imprevisti: ad esempio, mentre Emma Stone stava facendo una pausa nel foyer con il marito Dave McCary, il film Poor Things da lei interpretato otteneva riconoscimenti sul palco. Impegnata in una chiacchierata con gli amici Kirsten Dunst e Jesse Plemons, Stone ha improvvisamente realizzato di stare perdendo il colpo grosso all’interno del teatro e ha cercato di correre per assistere alla vittoria del suo film. Una serata agli Oscar in cui si è passati dalla gloria della vittoria ai momenti esilaranti, dimostrando che anche le superstar possono perdere un pezzo della magia in un evento dal vivo», commenta Valentina Martelli.
«Al di là delle 7 statuette, meritatissime, per Oppenheimer di Chris Nolan, autore troppo snobbato in passato, credo che questa edizione sia da ricordare anche per il riconoscimento per la migliore sceneggiatura non originale a Cord Jefferson, per la sua opera drammatica e graffiante American Fiction. Anche se non ha vinto un Oscar, va comunque ricordata la candidatura del film italiano Io capitano, uno straordinario e dolente viaggio di Matteo Garrone», il commento di Cristina Scognamillo.
Tra gli studiosi italiani che frequentano da molti anni il mondo di Hollywood c’è Armando Fumagalli, docente all’Università Cattolica di Milano, dove insegna Linguaggi del Cinema Internazionale e dirige il Master in International Screenwriting.
Spiega Fumagalli: «Il film di Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon, tratta un tema scomodo e molto importante ma dal punto di vista narrativo non era del tutto ben riuscito. La zona di interesse, miglior film straniero, ha un’idea potente ma poi non la sviluppa e non la trasforma in una narrazione altrettanto coinvolgente. Mi spiace un po’ per Io capitano che sembrava avere le carte in regola per aspirare alla vittoria: è un film più caldo e più coinvolgente di altri di Garrone, con due bei personaggi e una trama avvincente e radicata nella realtà della cronaca. È una storia coraggiosa e universale. Ma spero che il fatto di essere stato almeno nella cinquina delle nominations gli servirà per arrivare ancora più lontano nei prossimi tempi. Fra gli altri film mi è piaciuto molto Past Lives, storia d’amore delicata e umana, con quel tocco lieve e profondo che sembra oggi una specificità dei film dell’estremo Oriente. Bello anche The Holdovers e meritato il premio come miglior attrice non protagonista a Da’Vine Joy Randolph».