Veloce come il vento [recensione film]

Una commedia all’italiana, un po’ drammatica, che cerca di essere un film d’azione americano: in estrema sintesi, si può definire così Veloce come il vento, film italiano diretto dal 34enne Matteo Rovere e liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone.

Il risultato è una storia atipica per gli schemi narrativi italiani, e proprio per questo interessante.

La trama mescola una famiglia disfunzionale con il mondo delle corse automobilistiche: Mario De Martino (impersonato da Giuseppe Gaiani) è un maturo ex pilota che dopo aver smesso di gareggiare è rimasto a lavorare nel mondo delle corse, e ha tre figli: Loris (interpretato da Stefano Accorsi), ormai adulto, ex pilota di grande talento che si è perso per strada e ora è uno sbandato con problemi di tossicodipendenza; Giulia (interpretata da Matilda De Angelis), diciassettenne pilota sui circuiti del campionato italiano GT, senza patente per guidare su strada, allenata dal padre; Nico, un bambino di dieci anni (interpretato da Giulio Pugnaghi). La madre di questi figli vive in Canada e non appare mai nel film. Durante una gara, Mario muore per un infarto. Loris e Giulia, che non si vedevano da molto tempo, si incontrano nuovamente al funerale del padre ma tra loro non c’è un buon rapporto.

L’occasione per riprendere contatto è data dal fatto che Loris è l’unico adulto che può esercitare la tutela legale sugli altri due fratelli. Nel frattempo, si scopre che Mario aveva impegnato la propria casa in Romagna (dove viveva con Giulia e Nico) per garantire il pagamento delle spese dell’attività automobilistica di Giulia. E se Giulia non vince il campionato GT, la casa di famiglia passerà nelle mani di altre persone. Anche se non è molto convinta, Giulia prende come allenatore Loris, che non ha dimenticato come si guida a livello agonistico. E con gli insegnamenti del fratello, Giulia arriva a un passo dalla vittoria del campionato, ma prima dell’ultima gara viene coinvolta nei guai di Loris e finisce in ospedale, perdendo così la possibilità di vincere il campionato.

Loris si rende conto di essere responsabile della situazione e per rimediare accetta di partecipare ad una corsa molto pericolosa (la Italian Race) tra strade di città e di campagna. E ritorna il pilota di talento che era stato anni prima. In maniera rocambolesca, vince la corsa, e Giulia e Nico possono tornare a vivere nella casa di famiglia.

Il mito della velocità, l’epica romagnola del mondo dei motori, la trasformazione di Loris da personaggio negativo a buon maestro (a modo suo), l’incontro tra due modi molto diversi di intendere la vita, la dialettica tra fratello maggiore inaffidabile e sorella minore affidabile, la scoperta dei lati migliori l’uno dell’altro, il fatto di dover rischiare qualcosa per vincere qualcosa, sono alcuni tra gli elementi che rendono vivace questo film, che alterna momenti di lentezza con scene a ritmo veloce. Scorrendo via veloce come il vento durante le due ore di proiezione.