Fiscalmente parlando, tra Italia e Regno Unito

 

 

Negli ultimi anni, sono aumentati ancora i flussi di italiani che si trasferiscono all’estero per lavoro.

In particolare, il Regno Unito, grazie anche alla potente calamita della metropoli di Londra, è meta di vari connazionali che vorrebbero aprire una attività commerciale in terra d’Albione. Aspirazione più che legittima, ma come funziona il sistema fiscale inglese? E cosa bisogna fare per adempiere alle norme legali in fatto di tasse e fisco?

Nella capitale inglese, sono attive almeno tre organizzazioni in grado di fornire informazioni di prima necessità su questi temi: The Italian Project (guidata da Daniela De Rosa e attiva in servizi alle imprese e progetti culturali), Italians of London (animata da Giancarlo Pelati, è la maggiore associazione di italiani in UK, con circa 25 mila iscritti), Benvenuto a Bordo (progetto della St. Peter’s Italian Church London, 136 Clerckenwell Road, zona 1,  sostenuto anche dal Consolato Generale d’Italia a Londra).

Abbiamo chiesto, inoltre, alcuni approfondimenti a Clifford J. Frank, senior partner della società LEXeFISCAL, specializzata in consulenza legale e fiscale per imprenditori che operano tra Italia e Gran Bretagna (Inghilterra e Galles).

Ormai da anni, ci arrivano numerose richieste di cittadini italiani che desiderano costituire società o strutture commerciali nel Regno Unito – spiega Frank -. Stabilire una attività commerciale in Gran Bretagna non è difficile, ma può essere costoso se non si seguono i passi giusti. Possiamo confermare che le aliquote dell’imposta sul reddito d’impresa si attestano in media attorno al 31,4 per cento in Italia, contro il 20 per cento in UK per le piccole imprese con profitti al di sotto di 300 mila sterline“.

Inoltre, ci sono diverse forme giuridiche che possono essere utilizzate per diverse attività commerciali. Con riferimento alla procedura per la costituzione di una società a responsabilità limitata, ovvero di una società che non va quotata in Borsa, bisogna tenere presente che gli amministratori della società possono anche non essere residenti nel Regno Unito per essere nominati tali. Tuttavia, affinché la società non venga considerata controllata in Italia, coloro che costituiscono la società devono tenere presente dove saranno tenute la gestione e il controllo della società“.

E – prosegue Mr. Frank – l’azienda deve nominare un amministratore, al quale va fatto un contratto che copra le sue funzioni e i suoi doveri nei confronti della società. Spesso, molte società costituite nel Regno Unito non preparano il contratto per regolare il rapporto con l’amministratore: si tratta di una concezione basata sul presupposto che l’amministratore sia automaticamente un dipendente della società, ma ciò non è corretto dal punto di vista fiscale“.

Per quanto possa essere valida l’idea di partenza di un business, bisogna dunque considerare anche la parte fiscale e di tassazione sull’impresa. In Italia così come in Gran Bretagna.