Poche settimane fa è stato pubblicato, sul New York Times, un articolo scritto da Marco Mancassola, autore e giornalista residente a Londra, dal titolo: Embracing the Other Italy.
L’articolo propone una disamina del fenomeno dell’emigrazione italiana all’estero, soprattutto di quella delle generazioni più giovani. La parte finale del pezzo è, a mio avviso, la più interessante: Mancassola spiega come, al giorno d’oggi, gli expatriates italiani non tendano più a ricostruire “piccole Italie” nel nuovo Paese, ma formino una rete di connessioni che possa anche ricondurre in Italia. E, sostiene l’autore, questa dinamica “altra Italia” è in grado di produrre business e idee di valore per il Paese di origine, nonostante il fatto che, per i politici italiani, il sostegno a queste persone e a queste relazioni non sia una priorità, mentre invece dovrebbe esserlo per dare risposta all’ingente flusso di emigrazione italiana all’estero.
Una analisi sostanzialmente condivisibile.
Il panorama degli italiani all’estero, d’altra parte, si è fatto molto più stratificato rispetto al passato, con la sovrapposizione di persone che arrivano, nel nuovo Paese, con mentalità, aspettative e capacità di partenza molto diverse tra loro. Ho avuto occasione di parlare di questi temi, un paio di settimane fa, su Radio RTL 102.5, con riferimento al libro “Italo Globali. Viaggio nell’Italia che vive al ritmo del mondo” di cui sono curatore (Lupetti editore).
Tra le mete più significative, Londra è sicuramente diventata una metropoli con una numerosa comunità italiana. A tal punto che recentemente è stato girato anche un documentario sulla nuova emigrazione italiana nella capitale britannica: Influx, diretto dal regista e produttore Luca Vullo.
A Londra, si trovano anche vari studiosi che hanno iniziato a formarsi in Italia e hanno proseguito l’attività di ricerca nel Regno Unito. In proposito, l’Ambasciata d’Italia nel Regno Unito supporta il premio Italy Made Me Awards, rivolto a giovani ricercatori italiani che abbiano ricevuto una parte della propria formazione in Italia, facciano parte di una istituzione accademica inglese (o equivalente) e abbiano condotto ricerche innovative nei seguenti settori: life sciences, physical and engineering sciences, social sciences and humanities. Scadenza: 15 maggio 2015. Tutte le informazioni di dettaglio nel file qui di seguito.
‘Italy made me Awards’ by Italian Embassy in London – deadline 15 May 2015.PDF
Gli italiani nel mondo si trovano davvero ovunque. Anche nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. We The Italians è una associazione che si propone di rafforzare i legami culturali ed economici fra Italia e Stati Uniti. E qui c’è la recente intervista di Umberto Mucci, presidente di We The Italians, a Thomas Gambino, vice presidente della Friends of Italy Society of Hawaii, sulla storia degli italiani alle isole Hawaii.
Già, le isole Hawaii: la prima volta che vidi qualche visita, a questo blog, proveniente da lì, pensai ad un caso… isolato. Ma non è rimasto un caso unico. Credo che questo blog abbia qualche lettore molto affezionato (o un po’ crazy… smile). In ogni caso, chiunque sia stato, thank you very much!
(Per non parlare della fotografia che ho scattato qualche tempo fa a Hyde Park a Londra, e che campeggia nell’immagine di sfondo nella home di questo blog.)
Italians, everywhere.