Oggi, a Roma, è stata presentata l’edizione 2023 del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana.
Giunto alla diciottesima edizione, anche il Rapporto di quest’anno costituisce una importante e articolata ricerca – oltre 500 pagine in formato cartaceo – sull’evoluzione dei flussi migratori degli italiani.
Dal 2006 ad oggi hanno contribuito e contribuiscono alla realizzazione del Rapporto decine di autori, residenti in Italia e all’estero, con il coordinamento di Delfina Licata (Fondazione Migrantes). 57 i partecipanti all’edizione 2023 del Rapporto.
La riflessione fondamentale emersa durante la mattinata è che in Italia i giovani e i giovani adulti, non trovando margini di partecipazione all’interno dei propri territori di appartenenza, vanno alla ricerca di spazi e luoghi che rispondano alla loro fame di vita e di crescita personale e professionale.
L’Italia fuori dai confini nazionali sfiora oggi i 6 milioni di persone: una presenza cresciuta del +91% dal 2006 ad oggi. Le donne italiane all’estero sono quasi raddoppiate (+ 99,3%), i minori sono aumentati del +78,3% e gli over 65 del +109,8%.
Durante il decennio 2012-2021 il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%): una tendenza che appare in aumento. Tuttavia, il volume dei connazionali che rientrano in Italia non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole, facendo registrare saldi migratori (differenza tra entrate e uscite) sempre negativi, con una perdita massima di 77 mila italiani nel 2016 e una minima, di poco più di 19 mila, nel 2021.
Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’AIRE sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua a perdere residenti (nell’ultimo anno, diminuzione dello 0,2% della popolazione residente sul territorio nazionale), l’Italia fuori dall’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti.
Il 46,5% degli italiani residenti all’estero arriva dal Sud, il 37,8% dal Nord, il 15,8% dal Centro.
Il 58,2% degli iscritti all’AIRE è celibe/nubile, il 35,3% coniugato/a. I vedovi sono il 2,2% e sono stati superati dai divorziati (2,8%). Crescono le unioni civili (3.815).
Al contrario di quanto accade per gli italiani in Italia, l’Italia che risiede all’estero è più giovane. Crescono le classi di età centrali costituite da giovani e giovani adulti: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni. Guardando alle classi di età più mature il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni mentre gli over 65 anni sono il 21,1%. I minori sono più di 855 mila (14,4%).
Il 51% è all’estero da oltre 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani. Aumentano le acquisizioni di cittadinanza (+3,3%)
L’attuale presenza italiana all’estero è soprattutto europea. L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%).
Il 75,3% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2022 è andato in Europa; il 17,1% è arrivato nel continente americano (il 10,5% nell’America Latina) e il 7,4% si è distribuito in tutto il resto del mondo. Il 16,4% delle iscrizioni per espatrio ha riguardato il Regno Unito; il 13,8% la Germania; il 10,4% la Francia e il 9,1% la Svizzera. Questi quattro Paesi raccolgono il 50% del totale delle partenze.
Oggi le comunità italiane più numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Dal 2012 la Fondazione Migrantes e l’INPS monitorano anche i pensionati italiani che risiedono all’estero, che dall’estero rientrano in Italia o fanno parte dei recenti flussi in uscita dal nostro Paese. Nel 2023 le iscrizioni all’AIRE per espatrio degli over 65 sono state 4.300. Le motivazioni sono diverse – ricerca di luoghi esotici più amati dal punto di vista culturale o climatico, necessità di vivere in Paesi che abbiano politiche di defiscalizzazione, desiderio di luoghi sponsorizzati dalle agenzie nate per accompagnare la Terza Età nel processo migratorio – ma quella che, dall’incrocio dei dati, appare come la ragione principale è che gli anziani vanno negli stessi luoghi dove si sono trasferiti figli e nipoti. E i dati sono sottostimati in quanto, soprattutto per chi si trasferisce in Europa, non sempre si procede al cambiamento di residenza, e ciò accade per diversi motivi: perché si spera che i figli tornino in Italia; perché ci si trasferisce a “tempo determinato” fino a quando i nipoti non sono indipendenti; e perché non si vuole abbandonare l’assistenza sanitaria italiana.
Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio alla Fondazione Migrantes, scrivendo: «Lavorare all’estero, per i nostri giovani, è una grande opportunità di crescita umana e professionale e deve essere una scelta libera, non un obbligo di fatto. Se, dopo un percorso formativo in Italia, si è costretti a lasciare il territorio nazionale per mancanza di occupazione o di soddisfacenti prospettive e, soprattutto, una volta acquisite preziose conoscenze ed esperienze, non si riesce più a tornare, si è di fronte a una patologia alla quale bisogna porre rimedio. Quando non si riesce a riportare nel nostro Paese professionalità, esperienze, risorse umane, è l’intera comunità che viene impoverita. Individuare percorsi concreti per garantire, a chi lo desidera, il ritorno in Italia in condizioni di lavoro soddisfacenti, è una sfida fondamentale che le istituzioni e la politica devono saper raccogliere».
Mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha commentato: «Tanta è la strada percorsa, tanti gli avvenimenti che hanno inciso sulla trasformazione dell’Italia all’interno della cornice europea. Il Rapporto Italiani nel Mondo 2023 definisce l’Italia come il Paese delle mobilità. Mobilità in entrata e in uscita, una vocazione alla partenza ancestrale e per questo strutturale. Esprimo gratitudine alle autorità presenti, ai professori, agli studiosi, ai funzionari, a ciascuno di voi che è legato a questo straordinario mondo della mobilità umana e italiana in particolare. C’è molta amicizia intorno a questo progetto della Chiesa italiana. C’è entusiasmo, la gioia di lavorare insieme per un fine comune, dove tutti si è parte integrante di un progetto più grande. Questa libertà reciproca genera affetto e impegno per raggiungere un obiettivo ogni volta più grande e, passo dopo passo, siamo arrivati a festeggiare la maturità, il diciottesimo compleanno, insieme. Ogni anno c’è chi è chiamato a scrivere, c’è chi è chiamato ad aiutarci a dare una quadratura scientifica, c’è chi spontaneamente organizza momenti di confronto e dialogo con appuntamenti in Italia e all’estero».
Il Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha affermato: «Bisogna fare un grande investimento sull’istruzione, sullo studio, combattendo la precarietà, dando condizioni di sicurezza, come ad esempio la casa. La lotta alla precarietà è una delle condizioni migliori per dare sicurezza sul futuro e per la bellezza di restare nel proprio Paese. Bisogna uscire dalla polarizzazione. Parliamo dei problemi e impariamo a capire e non a schierarsi. La polarizzazione brucia le opportunità. Le questioni umanitarie sono diventate altro ma devono restare quello che sono, altrimenti è pericoloso. Le statistiche, come quelle contenute nel Rapporto, sono uno specchio e ci dicono chi siamo. Uno statistico mi ha detto che l’Italia è un Paese in via di estinzione. Non è una prospettiva allettante, perciò dobbiamo chiederci cosa vogliamo lasciare dopo di noi. Forse si può fare ancora qualcosa. La maggior parte degli italiani che espatria sceglie l’Europa, questo ci chiede di pensarci in maniera più europea e con una visione più larga. I ragazzi hanno già dentro di loro un passaporto europeo, e se non si combatte la precarietà si va altrove».