Fare impresa tra Italia e Gran Bretagna

Ieri, a Roma, alla Camera dei Deputati, si è svolto l’incontro Start Up Italiane nel Regno Unito, che avevo comunicato qui.

Si è trattato di un momento di confronto tra istituzioni e startuppers sui temi della creazione d’impresa e della crescita aziendale a livello internazionale.

Per quanto riguarda l’Italia, gli startuppers, i politici e le associazioni presenti all’incontro hanno fatto alcune considerazioni di sistema, tra le quali: l’emergere di un ecosistema di giovani italiani che intuisce la possibilità di potercela fare; tenere presente che le start up risolvono problemi specifici; aggiornare le norme sulle start up elaborate nel 2012 dal Ministero dello Sviluppo Economico; avere la possibilità di fare business networking; diffondere una maggiore cultura imprenditoriale; essere competitivi anche a livello fiscale; migliorare il dialogo tra università e imprese; collaborare in maniera più efficace tra istituzioni e start up; andare all’estero per migliorare la propria proposizione commerciale e affrontare meglio il mercato.

In sala, era presente anche l’ambasciatore del Regno Unito in Italia, Christopher Prentice, che ha dichiarato: “Il Regno Unito e l’Italia stanno vivendo una fase di rapporti più che buona, e stanno collaborando alla creazione di un mercato unico digitale. L’economia italiana ha un ottimo sistema di piccole e medie imprese, e desideriamo condividere con l’Italia i motivi di questo consistente flusso di startuppers italiani verso il Regno Unito, in particolare verso Londra. Il Regno Unito è fiero di essere uno dei Paesi più accoglienti per gli imprenditori“.

Peraltro, come ha sottilineato James Politi (giornalista Financial Times e moderatore dell’incontro): “L’Europa è capace di creare una Google? Attualmente, la disponibilità di capitali sta aumentando nel continente europeo, dove ci sono quaranta start up che valgono più di un miliardo, e diciassette su quaranta si trovano in Gran Bretagna”.

E come ha spiegato Alastair Lukies, consulente di business per il governo britannico: “Mi occupo soprattutto di financial tech, e noi vediamo una grande sfida nel modo in cui le persone gestiscono il denaro. Nel mondo, ormai ci sono quasi più smartphones che persone, ed è meglio passare dall’economia-ombra del denaro contante ad una economia digitale più trasparente. Il FinTech è un ambiente regolamentato ed è più spostato sull’idea di evoluzione che sulla disruption, e l’Europa è un mercato per così dire ‘naturale’ per chi lavora su tecnologia e finanza. Il Regno Unito vuole essere un leader globale nel FinTech, svolgendo un ruolo importante nell’inclusione finanziaria, nella creazione di standard comuni e continuando ad innovare“.

Prendendo la parola, Lia Quartapelle (deputata PD) ha affermato: “In Gran Bretagna, le start up sono un pezzo vero dell’economia. Ma in questi anni, le start up italiane ci stanno dicendo che anche qui in Italia si possono creare aziende e occupazione. L’esperienza delle start up sta introducendo una nuova idea di fare impresa in Italia, diversa dall’azienda di famiglia che viene tramandata di generazione in generazione. Il PD di Londra sta provando a fare una mappatura di questo mondo delle start up italo-britanniche. In Italia, c’è una normativa che definisce in maniera molto precisa e restrittiva quali attività possono essere considerate come start up, mentre invece nel Regno Unito c’è più attenzione a delegificare e a liberare le risorse e le energie esistenti“.

Numerosi i temi da approfondire, e un confronto internazionale è più che utile.