Alzi la mano chi non ha mai visto almeno un film della trilogia di Ritorno al Futuro (1985, 1989, 1990).
Considerato un cult degli anni Ottanta, per la regia di Robert Zemeckis, Ritorno al Futuro ebbe un grande successo commerciale e generò un notevole merchandising. Inoltre, alcuni elementi di quel racconto cinematografico entrarono nell'immaginario collettivo, come ad esempio la (mitica) DeLorean, l'automobile che portata alla velocità di 88 miglia orarie poteva viaggiare nel tempo.
In occasione del venticinquesimo anniversario dell'uscita del primo film, che cade proprio in questi giorni, è arrivata la trilogia in Blu-Ray e Dvd, realizzata dalla Universal Pictures. Il sito web dedicato a Ritorno al Futuro è qui.
Anche in Italia, da domani, sarà possibile acquistare i cofanetti Blu-Ray e DVD. E, soltanto domani, mercoledì 27 ottobre 2010, sarà possibile rivedere Ritorno al Futuro nei cinema italiani: l'elenco delle sale (in tutte le regioni) che lo proietteranno è su Nexo Digital e il film è stato completamente rimasterizzato in digitale 2K.
Abbiamo chiesto un approfondimento ad Alberto Abruzzese, esperto di cinema e professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università IULM di Milano.
Il film Ritorno al Futuro mescola vari elementi di immaginario, per citarne alcuni: la scienza che diventa fantascienza attraverso il personaggio dell'inventore Emmet "Doc" Brown, la tecnologia post-umana dell'automobile che viaggia nel tempo, la classica storia del ragazzo che desidera una ragazza. Dove e come si può collocare questo film nella storia del cinema? Lo si può inserire nella linea del cinema di fantascienza ma questo avrebbe poco di originale, o all'interno delle narrazioni legate alla macchina del tempo, ma anche questo è un vecchio tema. A mio avviso, l'elemento interessante è quanto l'esperienza della macchina del tempo crei delle combinazioni del tutto particolari nei legami affettivi: vengono scompaginati i valori costruiti dalla dimensione del tempo lineare, ed invertendo il meccanismo del tempo si creano situazioni che nell'ordine naturale del tempo toccherebbero temi come ad esempio i tabù, mentre invece in questo caso si sviluppa in termini narrativi paradossali ciò che la psicanalisi si sforza di interpretare sul piano dell'inconscio.
Quali influenze potrà avere l'evoluzione del cinema digitale sulle stutture narrative cinematografiche? La trilogia di Ritorno al Futuro è un momento intermedio che cerca di unire il vecchio cinema americano narrativo con il cinema ad effetti speciali. Mi sembra che, progressivamente, la narrazione abbia sempre meno importanza mentre invece viene sviluppata sempre più la capacità immersiva del cinema attraverso gli effetti speciali. Questa capacità immersiva fa sì che da un lato ci sia un cinema molto psicosomatico ed emotivo, e dall'altra parte restino delle nicchie di cinema narrativo che però sono ormai tutt'altra cosa rispetto a film come ad esempio Avatar. Entrambe le aree si chiamano cinema ma di fatto c'è una distanza profonda fra questi due mondi.
All'interno del vasto bacino dell'immaginario cinematografico, come si sta sviluppando la relazione fra il cinema e la tecnologia? Il cinema è nato con la tecnologia e si è sviluppato con le tecnologie tipiche della società industriale. Oggi, le possibilità dell'innovazione tecnologica e digitale consentono uno spostamento radicale dalle configurazioni storiche dei territori fisici. E dunque, almeno al momento, questa possibilità di "distacco" dal mondo storico fa sì che ci sia una grande attenzione a quel versante che Marshall McLuhan definiva come i linguaggi del sentire. Questo tipo di cinema – che sembra la punta avanzata di un'esperienza tecnologica giunta alla massima sofisticazione – potrebbe essere invece l'inizio di qualcosa che ancora non sappiamo. Paradossalmente, il cinema degli effetti speciali di oggi si ricongiunge alla fase primitiva del cinema, collocata tra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento.