Steve Jobs e la ricerca della tecnologia umana

Steve Jobs, 1985

6 ottobre 2011

Ieri, 5 ottobre 2011, a Palo Alto (California), è morto Steve Jobs (1955 – 2011), co-fondatore della Apple, azienda di cui è stato  amministratore delegato fino al 24 agosto 2011. A 56 anni, dopo sette anni di lotta contro un tumore al pancreas, lascia questa Terra una delle menti più brillanti del mondo dell'innovazione.

Per ricordarlo, la Apple ha  intanto predisposto un indirizzo e-mail al quale si può scrivere: rememberingsteve@apple.com.

La moglie Laurene, quattro figli, una azienda-simbolo e ammiratori in tutto il mondo: con la sua vita,  Steve Jobs ha lasciato un segno profondo ed ha indicato la strada a molti innovatori.

Poche settimane fa (16 settembre 2011), avevo scritto un articolo, che trovate qui sotto, sulla storia di Jobs. Cercando di unire i puntini, come diceva lui.

Non potevo immaginare che questo momento sarebbe arrivato così presto.

Steve Jobs ha vinto molte sfide durante la sua vita. Ieri, ha perso l'ultima. Ma, per me, già da tempo era entrato nella Storia.

 

 

16 settembre 2011

Il 24 agosto 2011, nel pieno della bufera economica, finanziaria e politica ancora in corso nel mondo occidentale, c'è stata un'altra notizia che ha trovato spazio su tutti i media: l'amministratore delegato della Apple, Steve Jobs, ha lasciato il suo incarico per motivi di salute.

Dal 2004 lotta contro un tumore e questa sembra essere l'addio definitivo del dirigente più carismatico nel mondo del business. Ma Steve Jobs è molto più di un "semplice" amministratore delegato.

E' un vero innovatore, che dalla metà degli anni Settanta ha indicato la strada verso alcune delle più importanti innovazioni nel mondo dell'informatica e della tecnologia, creando prodotti che hanno spostato in avanti la linea del possibile.

Come tutti i veri innovatori, ha un carattere non semplice e una personalità particolare, non sempre facilmente approcciabili. A volte, viene dipinto come un genio, altre come un despota. D'altra parte, pensare ed agire in maniera differente rispetto allo standard, fa parte della natura delle persone che innovano realmente, in tutti gli ambiti.

E think different (pensa in modo differente) è uno dei celebri slogan pubblicitari della Apple, che ben esprime il know-how di Jobs e della sua azienda-creatura; know-how inteso come modo di fare diverso rispetto agli altri. E senza dubbio, la forte leadership di Jobs ha contribuito a creare quella certa aura attorno alla Apple, al punto che gli stessi utilizzatori dei prodotti Apple tendono a ritenersi "membri" di una comunità tecnologicamente evoluta.

C'è un tipo di innovazione che è definito "disruptive": ossia una innovazione che cambia le regole di un certo business attraverso idee e prodotti che dividono la realtà tra un prima e un dopo, in maniera non lineare. Nella prima metà degli anni Ottanta, ad esempio, si deve a Jobs e alla Apple la creazione del mouse: uno strumento ed un modo per "manovrare" più facilmente all'interno della macchina-computer, ancora oggi in uso.

E la biografia di Steve Jobs certamente segue un percorso non lineare: nato da madre americana e padre siriano nel 1955, adottato alla nascita, università non terminata, passando per le esperienze in India e per l'uso giovanile di droghe, fino alla sua vicenda imprenditoriale alla Apple, fondata assieme a Steve Wozniak nel 1976 e dalla quale fu estromesso nel 1985. E come accade con le persone veramente importanti, ci si accorge della loro mancanza soltanto quando non ci sono più.

Dal 1986 al 1996, Jobs è impegnato con la NeXT Computer e con la Pixar: con la NeXT, azienda da lui fondata, riuscì a produrre computer molto avanzati dal punto di vista tecnologico ma la strategia commerciale (prezzi troppo alti) fu penalizzante, mentre con la Pixar, acquistata dalla LucasFilms, gettò le basi per quello che oggi è il successo dei film d'animazione realizzati in digitale.

Nel frattempo, la Apple visse anni molto difficili e nel 1997 Jobs venne richiamato come amministratore delegato. Nei successivi 14 anni, i risultati della Apple sono stati: nuove generazioni di computer Mac, iTunes,  iPod, iPhone, iPad, quotazione del titolo in Borsa passata dai 5 dollari ad azione nel 1997 agli oltre 400 dollari al pezzo di oggi. E, per qualche giorno nell'estate 2011, la Apple è stata anche l'azienda con la maggiore capitalizzazione di Borsa a Wall Street, scalzando una multinazionale petrolifera come Exxon.

Steve Jobs fa notizia da più di trent'anni per vari motivi: è una delle poche vere "star" del mondo tecnologico, lui e la Apple incarnano una versione di successo del "sogno americano", le sue apparizioni pubbliche in occasione della presentazione dei nuovi prodotti sono veri e propri show, e nel tempo è riuscito a migliorare la gestione commerciale dei prodotti Apple, che negli anni Ottanta soffrivano dal punto di vista delle vendite, soprattutto perché i prezzi erano troppo alti per l'utente medio di tecnologia. Da punto di vista della comunicazione pubblicitaria, le campagne Apple sono sempre state e continuano ad essere di forte impatto e all'avanguardia. Al giorno d'oggi, inoltre, è sufficiente entrare in un Apple Store per capire l'innovatività di questa azienda anche nel punto vendita, nel marketing, nel rapporto con i clienti (potenziali o già acquisiti). Da quasi dieci anni, Apple segna risultati ottimi sul fronte delle vendite (sebbene i prezzi dei prodotti non siano certo popolari) e l'azienda è uno dei brand più conosciuti al mondo. Va notato, inoltre, come il modo di pensare e progettare di Jobs – centrato sull'utente – trovi un completamento naturale con le numerose possibilità di espressione oggi disponibili tramite il web e con le apps.

Cosa si può imparare da Steve Jobs e dalla sua storia? Molto. E molto si è detto e scritto su di lui e su Apple. In lingua italiana, vanno ricordati almeno il libro del giornalista Antonio Dini, Emozione Apple. Fabbricare sogni nel XXI secolo, Il Sole 24 Ore editore, Milano 2007, con prefazione di Aldo Grasso (una ricerca ben documentata sulla storia Apple e sulle strategie di Jobs), e l'edizione italiana del libro di Jay Elliot (stretto collaboratore di Jobs negli anni pionieristici di Apple), Steve Jobs. L'uomo che ha inventato il futuro, Hoepli editore, Milano 2011, con prefazione di Luca De Biase.

Ciò che ho sempre trovato interessante ed importante in Steve Jobs è la sua continua ricerca per arrivare ad una tecnologia umana, ovvero una tecnologia che le persone possano usare facilmente e che permetta di semplificare alcune attività, lavorative e non, offrendo allo stesso tempo un'ampia varietà di possibilità all'utente. In questo modo, si può avvicinare il pubblico generalista alle tecnologie e all'innovazione (e in Italia ce n'è molto bisogno). In tal senso, penso che Jobs sia uno dei più grandi interpreti dell'interazione tra l'essere umano e le tecnologie.

Il percorso avviato con il Mac e giunto oggi all'iPad si può leggere anche come la progressiva ricerca di un avvicinamento tra il ragionamento del cervello umano, l'ergonomia, l'usabilità e l'innovazione tecnologica. E, a mio avviso, questi risultati si possono raggiungere soltanto essendo profondamente immersi nella vita, andando al di là delle regole classiche dell'ingegneria informatica. L'innovazione è fatta di tentativi, fallimenti e successi. Se, per strada, le persone portano con sé un iPod, un iPhone, un iPad, un Mac, significa che il prodotto è riuscito ad entrare nella quotidianità della vita. E' diventato desiderabile. E questo insegnamento, di marketing e non solo, vale anche per altre categorie di aziende.

E' raro trovare un binomio così stretto, sia nel mondo aziendale sia nell'immaginario collettivo, tra un'azienda (Apple) e chi la guida (Jobs). Ma la differenza della Mela (la traduzione letterale di "Apple") si capisce ancora meglio se si considera che quando esce un nuovo prodotto, Jobs sale su un palco – indossando un paio di jeans, un maglione nero a collo alto, un paio di scarpe da ginnastica – e fa vedere al pubblico come funziona l'oggetto in questione.  Non è poco, in confronto a molti altri compassati dirigenti in giacca e cravatta. E anche il suo linguaggio, fatto di affermazioni lapidarie e visionarie, è un altro tassello del suo particolare modo d'essere. D'altra parte, se, come gli è accaduto, si finisce sulla copertina di Time, qualcosa di interessante bisogna averlo (eufemismo).

Ora, il timone operativo della Apple è passato nelle mani di Tim Cook, dirigente Apple molto vicino a Jobs e indicato dallo stesso Jobs come suo successore alla carica di amministratore delegato. La cultura dell'innovazione espressa dalla Apple in questi anni è straordinaria, e l'impronta di Steve Jobs – al quale rimane la carica formale di presidente del Consiglio di Amministrazione – è destinata a rimanere. Ora, a Cupertino (storico quartier generale Apple, nella Silicon Valley in California), dopo avere creato mercati e tendenze che non esistevano prima, sarà interessante capire quali saranno le prossime frontiere  da sviluppare nella tecnologia e nella creatività digitale. A partire dal rapporto fra televisione e web.

Nei decenni scorsi, l'avversario storico è stata la Microsoft di Bill Gates, azienda in cui l'aspetto principale è determinato dalle capacità tecniche/tecnologiche dei prodotti. E questo è il riflesso della mentalità di Gates, convinto, in sintesi, che siano le persone a dovere andare verso le macchine. Mentre invece Jobs pensa che siano le macchine a dovere andare verso le persone. Oggi, tra i numerosi concorrenti spicca Google, azienda guidata da Larry Page e Sergey Brin, due quasi quarantenni che hanno uno spirito simile a quello di Jobs. E il "derby" Apple – Google è la sfida forse più importante in questi anni nel mondo dell'innovazione. Senza dimenticare altri pesi massimi del mondo tecnologico come Amazon, Samsung, HP, Dell, Facebook, Twitter.

Dopo essere stati collocati su una scrivania, i computer sono diventati portatili, ed ora siamo arrivati ai tablet. I telefoni cellulari stanno mutando in smartphones. Viviamo in un tempo intriso di tecnologie.  Dare un vero senso all'innovazione è condizione imprescindibile oggi.

Storicamente, gli artisti hanno antenne molto sensibili sui tempi che corrono. E Steve Jobs può essere considerato un artista dell'innovazione, avendo anticipato l'attuale epoca di innovazione permanente, attraverso la sua capacità di concretizzare idee, intuizioni, visioni, scenari di mercato ed esigenze umane.

Ed ora si trova ad affrontare l'ennesima sfida della sua vita, quella decisiva.

Il 12 giugno 2005, Steve Jobs ha tenuto un discorso, sulla vita e sulla sua vita, ai neolaureati della Stanford University. Da ascoltare.