Al di là del risultato delle elezioni parlamentari di ieri in Italia (Coalizione di Centro-destra al 37%, Movimento 5 Stelle al 32%, Coalizione di Centro-sinistra al 22%), la questione generazionale è un tema sempre più urgente da affrontare.
In Italia, il divario fra le persone in età lavorativa (giovani, mezza età, seniors) si riflette in numerose forme: mentalità, modo di lavorare, prospettive di crescita, retribuzione.
Francesco Cancellato è direttore del sito web di informazione Linkiesta.it e opinionista in trasmissioni televisive e radiofoniche. Dal 22 marzo 2018, sarà disponibile il suo libro Né sfruttati, né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia, Egea editore.
In questo libro, Cancellato affronta importanti questioni che affliggono l’Italia, a partire da argomenti come i giovani, la formazione, il lavoro, il welfare, il gender gap, mettendo in evidenza i paradossi della questione generazionale e le difficoltà nel creare un sistema sociale ed economico al passo con i tempi.
A livello internazionale, il progresso tecnologico, l’apertura al mercato in Paesi importanti dal punto di vista demografico ed economico, la crescita di lungo periodo del commercio, la creazione di attività lavorative collegate al mondo dell’innovazione, sono fattori che contribuiscono a delineare il futuro.
Ma in Italia, la stabilizzazione dei giovani nel mondo del lavoro non è avvenuta (se non in pochissimi casi). La distanza tra scuola e lavoro è aumentata, fino al triste fenomeno dei Neet (giovani che non studiano e non cercano lavoro).
I dati del 2017 parlano chiaro: l’Italia ha una disoccupazione giovanile del 37,8% nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, contro il 13% della media OCSE. Tra i 25 e i 29 anni, la disoccupazione si aggira al 54%. Inoltre, soltanto il 18% della popolazione italiana ha una laurea: una percentuale esigua, e tuttavia troppo alta per un Paese che non sembra disposto a investire sul capitale umano.
Aumentano i laureati demansionati e sottopagati rispetto ai loro colleghi europei. Le aziende lamentano un disallineamento tra offerta del mercato e offerta formativa. Tra il 2005 e il 2015, le iscrizioni all’università sono scese dal 73% al 49%.
Le uniche notizie parzialmente positive giungono dai dati relativi alle donne e alle start up. Le donne percepiscono ancora un salario inferiore a quello degli uomini ma questo gap si sta riducendo, e sono la fascia di popolazione più istruita del Paese, tuttavia nella grande maggioranza dei casi non hanno una situazione lavorativa stabile. L’incapacità di investire su risorse qualificate e di appianare la questione di genere costa all’Italia circa 6 punti percentuali di Prodotto Interno Lordo.
Cancellato invita, dunque, ad affrontare la questione generazionale con un approccio olistico, che tenga conto di una molteplicità di aspetti.
D’altra parte, un fatto complesso come la questione generazionale non si può risolvere con slogan semplicistici, ma attuando un insieme di azioni che creino un equilibrio migliore fra le generazioni.