Mai come in questo momento storico, il rapporto tra opinione pubblica e vita pubblica di un Paese è così di attualità in Italia.
Già, l’opinione pubblica: ovvero ciò che pensa e dice la “gente”.
Ma l’opinione pubblica è giusta o sbagliata?
Voce del popolo, voce di Dio, dice il detto popolare.
Oppure è necessario che una classe dirigente garantisca l’ordine sociale?
E quale influenza ha la comunicazione nell’orientare l’opinione pubblica?
Da alcuni anni, l’Associazione per la Retorica – con sede a Roma e presieduta dalla consulente di comunicazione ed esperta di retorica Flavia Trupia – organizza eventi gratuiti nei quali vengono messi a processo alcuni grande aspetti della vita pubblica. Il format dell’evento è così strutturato: Flavia Trupia spiega l’argomento di discussione; due persone sostengono due tesi opposte sull’argomento messo a processo, usando gli strumenti comunicativi tipici della retorica; una persona svolge il ruolo di giudice, il pubblico in sala rappresenta la giuria. Alla fine del processo, viene decretato il vincitore, tramite un applausometro.
Nel prossimo processo – che si svolgerà a Roma, lunedì 11 giugno 2018, nella sede di Civita in piazza Venezia 11, alle ore 18,30, con ingresso gratuito – si cercherà di capire se l’opinione pubblica sia il sale della democrazia oppure rappresenti il dominio del populismo.
Le parti in causa saranno Lorenzo Malagola, Segretario Generale della Fondazione De Gasperi, che sosterrà la colpevolezza dell’opinione pubblica, ed Edoardo Novelli, docente di Comunicazione Politica all’Università Roma Tre, che invece spiegherà l’innocenza dell’opinione pubblica.
La giuria potrà suggerire argomentazioni ai contendenti, e decreterà l’innocenza o la colpevolezza su questo tema. Introdurrà l’incontro Andrea Talamonti, coordinatore di Civita Hubtitude. Il giudice sarà Andrea Granelli, vice presidente di PerLaRe-Associazione Per La Retorica e presidente Kanso (società di consulenza per l’innovazione aziendale e sociale, sede a Roma).
Il processo all’opinione pubblica approfondirà dunque l’eterna contrapposizione tra la vera conoscenza e l’opinione diffusa. Ad esempio, settori come la politica, la finanza, ma anche il diritto, sono il regno del verosimile, non necessariamente del vero.
Bisogna anche aggiungere che le democrazie si basano sul diritto di tutti di dire la propria. Ma c’è un momento in cui questa pratica diventa controproducente? Il marketing della parola, tipico della comunicazione politica, può avere effetti collaterali gravi? L’opinione pubblica è colpevole o innocente?