Riprendono le interviste del ciclo "Un caffè con…", giunte al terzo appuntamento del 2009.
Loretta Napoleoni è una economista italiana. Nata a Roma, vive a Londra da molti anni ed è tra i massimi esperti di economia internazionale ed economie criminali. E' consulente della BBC e della CNN, di organizzazioni internazionali e governi (Usa, Israele, Spagna), editorialista per El Pais, Le Monde e The Guardian. Le sue idee sono considerate tra le più lucide nel panorama della riflessione economica contemporanea.
Solitamente, lei scrive in inglese. Quest'anno, dopo molti anni, ha pubblicato un libro in italiano: La morsa (Chiarelettere Editore). Di cosa parla? "La Morsa" racconta come la politica di Bush jr., per finanziare la guerra contro il terrorismo, abbia gonfiato la bolla finanziaria fino a causare la crisi del credito del 2008. La tesi contenuta nel libro lega il terrorismo alla crisi finanziaria.
E' passato ormai un anno dallo scoppio "ufficiale" della crisi, anche se in realtà era iniziata nell'estate del 2007, con lo scoppio della bolla dei mutui subprime. Le attuali classi dirigenti mondiali sono in grado di gestire questa crisi ed uscirne? No. Ciò che è successo è che si sono salvate le banche, senza che si sia dato un vero nuovo assetto al sistema finanziario. Significa che nel futuro prossimo avremo un'altra crisi, perché questo oramai è il trend dell'economia neoliberista e della conseguente assenza di una regolamentazione da parte dello Stato. Lo abbiamo visto dal 1990 ai giorni nostri: abbiamo una crescita caratterizzata da grandi picchi verso l'alto e successivamente da valli di crisi economica. Il trend dell'ultimo decennio dimostra come le crisi siano diventate sempre più violente e la prossima, probabilmente, sarà peggiore di quella attuale.
Lei viaggia molto e di recente è stata in Oriente. A livello economico, cosa sta accadendo in Cina e nei paesi arabi? In Oriente, si sta creando un nuovo sistema economico e finanziario. La finanza islamica è il sistema finanziario più sviluppato nell'Oriente arabo, mentre invece dal punto di vista economico il sistema cinese è il più sviluppato. Sono due modelli completamente diversi da quello occidentale, ed entrambi poggiano sulla partecipazione dello Stato all'economia, dunque sul controllo dello Stato sul sistema economico e sul sistema finanziario. Si potrebbe dire che sono due modelli che vanno contro il principio del neoliberismo, per motivi diversi. In Cina, c'è un sistema che è ancora un sistema comunista, quindi con un controllo dell'apertura economica e finanziaria da parte dello Stato; invece nei paesi arabi la finanza islamica ha un codice etico che deriva dalla sharia ed agisce come limite di fronte a determinate tipologie d'investimento.
Nel suo libro La morsa, lei ha scritto che "il capitalismo di una volta si basava sullo sfruttamento, ma non sul furto". Credo che all'origine della crisi ci sia stato il sentimento umano dell'avidità unito a strumenti finanziari che in passato non erano mai stati a disposizione. E' possibile imporre alle banche di fare profitti senza utilizzare prodotti derivati? Le banche devono fare dei profitti relazionati alla loro attività bancaria, non alla loro attività finanziaria. Chiaramente, c'è una sezione finanziaria, che però non può essere la sezione preponderante. Quello che è successo, in realtà, è che le banche si sono trasformate in finanziarie: la parte finanziaria della banca ha preso il sopravvento e, a quel punto, si è potenziata quella parte che generava profitti molto più elevati rispetto al resto del settore bancario. Questo è successo perché c'era una deregulation, e quindi le banche hanno avuto la possibilità di operare questa trasformazione. Chiaramente, se non ci fosse stata la deregulation e le banche avessero avuto i limiti del passato, gli avvenimenti ormai noti non sarebbero accaduti con questa profondità.
Quali dovrebbero essere le innovazioni utili da applicare alla finanza globalizzata di oggi? Le innovazioni utili sarebbero un ritorno dello Stato nell'economia e nella finanza per limitare determinate attività: ad esempio, le banche dovrebbero avere più una funzione sociale e meno una funzione commerciale, il che vuol dire che la sezione finanziaria non dovrebbe essere la parte principale. Se la banca non vuole operare secondo questo approccio, può trasformarsi in una finanziaria, la quale avrà regole diverse dalle banche. Le banche sono state salvate perché hanno una funzione sociale, e se si lascia fallire una banca, si hanno delle conseguenze negative nella popolazione. E' chiaro che nel momento in cui una banca diventa una finanziaria, quella protezione da parte dello Stato non c'è più. Quindi bisognerebbe ristrutturare il sistema con queste separazioni, in modo che chi vuole rischiare possa farlo ma le conseguenze del rischio debbano poi ricadere su chi ha rischiato e non sulla collettività.
Lei prevede nuove crisi. Ma dopo l'ondata di panico tra il 2008 e il 2009 nei mercati e, in modo diverso, nell'opinione pubblica, le ripercussioni non sarebbero ancora più gravi? Quando arriverà il prossimo crollo, sarà peggiore di quello attuale. Certo, la questione diventa sempre più grande, perché il debito si ingigantisce sempre di più.
Di solito, Wall Street anticipa gli avvenimenti di circa sei mesi. Da marzo, è in corso un rally su cui nessuno si sbilancia troppo. Nel frattempo, l'economia reale non si è ancora ripresa e l'occupazione suscita preoccupazione. Alcuni iniziano a vedere la fine della recessione, altri prevedono tempi lunghi. Dove siamo? Non siamo alla fine della recessione: nell'economia reale la recessione c'è ancora. Usciremo dalla recessione quando vedremo alcuni indicatori economici scendere: per esempio, la disoccupazione. Ma attualmente non mi sembra che ci siano questi indicatori. Ci dicono che siamo fuori dalla recessione perché alcuni indicatori finanziari sono di nuovo positivi: abbiamo salvato le banche ma questo non significa che la recessione sia finita. Tra l'altro, per esempio, ho visto che negli Stati Uniti sono scese notevolmente le vendite nell'industria automobilistica perché è finito il programma di rottamazione. La ripresa economica ancora non c'è.
Ha recentemente aperto un blog. Quale contributo pensa che possa offrire la rete per la conoscenza dei fatti economici? Il blog è utile per divulgare idee, per vedere come rispondono le persone e quanto conoscono di queste realtà, ed è anche utile per vedere a quali aree ed argomenti le persone sono più interessate.
Dal suo osservatorio, come vede l'Italia di questi anni e come valuta le politiche economiche intraprese per fronteggiare la crisi? E' un discorso molto complesso: ancora non vedo segnali positivi in Italia. L'Italia è un paese con problemi politici: prima deve risolvere i problemi politici e poi potrà risolvere i problemi economici. Ma non mi sembra che si stiano risolvendo i problemi politici. Rimarrà nelle ultime posizioni nell'economia occidentale e probabilmente continuerà ad essere un paese dove l'economia sommersa continuerà a crescere, con aumento del precariato e dei fenomeni ad esso connessi. Non mi sembrano le caratteristiche di un paese moderno: mi sembrano più le caratteristiche di un paese che ha un ritardo economico rispetto agli altri.
L'idea occidentale di democrazia sembra vacillare, in questi anni. Si registrano fenomeni crescenti in senso autoritario ma al contempo esperienze in senso opposto, come ad esempio la storia
di Obama. Verso quale periodo storico ci stiamo dirigendo? Ci stiamo dirigendo verso un perido storico in cui la Cina sarà una nuova superpotenza: quello cinese sarà il nuovo modello sia a livello politico sia a livello economico. E questo non perché il comunismo sia meglio del capitalismo ma perché si tratta di un modello flessibile che in realtà non è né comunista né capitalista. E' qualcosa di diverso: hanno creato un nuovo modello. Le democrazie occidentali avranno bisogno di notevoli cambiamenti. Il concetto di democrazia, come lo conoscevamo prima del 1989, non esiste più, anche perché il mondo non è più lo stesso. Bisognerà inventare nuovi metodi di partecipazione: ovvero un nuovo dialogo tra la popolazione e la classe politica.
Quali sono le idee che stanno orientando le decisioni ed il dibattito economico in questi anni? Non vedo una teoria unica e non c'è un filone ben definito di pensiero. Siamo in un vuoto, in cui abbiamo il neoliberismo, al quale continuiamo imperterriti ad agganciarci. I cinesi hanno un altro sistema: un sistema flessibile ma anche il loro non è un sistema teorico. In un certo senso, la teoria è morta. Il problema è questo: non abbiamo un sistema, dunque dobbiamo adattare di volta in volta più parti per creare il sistema. Ma noi occidentali non lo facciamo, perché siamo molto ideologici: non riusciamo a scardinarci dall'ideologia.