Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte, sosteneva Konrad Adenauer (1876 – 1967), politico tedesco, tra i fondatori dell'Unione Europea nel secondo dopoguerra.
Chissà cosa direbbe oggi Adenauer, osservando le numerose difficoltà economiche e sociali che deve affrontare l'Europa. Ma, nel frattempo, il mondo è cambiato e continua a cambiare, con l'entrata sullo scenario internazionale di altri Paesi che desiderano giocare un ruolo nel futuro del mondo.
Il cielo sopra le nostre teste è sempre il medesimo, ma gli orizzonti che vedremo in futuro saranno il risultato delle scelte compiute in questi anni.
A ben guardare, oggi, potremmo dire di vivere una fase di "New Economy in tempo di crisi". Dall'inizio di quest'anno, infatti, sembra di assistere ad un momento propizio per le startup, sia in Italia sia nel resto del mondo. La spiegazione va cercata in un insieme di motivi, sintetizzabili in due grandi filoni: i progressi fatti negli anni scorsi nel mondo dell'innovazione e lo spostamento delle esigenze e dei bisogni delle persone verso idee, servizi e prodotti con spiccate caratteristiche di utilità, condivisione, creatività e sostenibilità.
Negli anni Novanta, l'idea di progresso era stata trainata dalla fiducia nella crescita illimitata delle risorse disponibili sulla Terra. Oggi, sappiamo che non è così. E per continuare a crescere, bisogna operare in modo diverso rispetto al passato.
Ora, è ormai evidente la necessità di una nuova sintesi tra forme politiche e sviluppo economico. E il concetto stesso di crescita assume significati diversi nel mondo.
Senza dubbio, le startup di oggi possono contare su un livello medio di alfabetizzazione alla rete maggiore rispetto alle dotcom di fine anni Novanta. Il pubblico del web è cresciuto quantitativamente, anche se per molte persone il mondo digitale rimane ancora costituito soltanto da Facebook e da servizi essenziali come ad esempio la posta elettronica. Ad ogni modo, attualmente c'è una massa critica di persone in rete che non può essere ignorata, né dalle imprese né dalle istituzioni.
Nel titolo di questo post, ho scritto "Quando Google era una startup". Al giorno d'oggi, considerare Google come una startup fa almeno sorridere. Ma anche big G ha iniziato come una startup, nel 1998, e Sergey Brin, uno dei due co-fondatori, è figlio di immigrati russi in America, e non proviene dalla élite economica o culturale. La storia dei primi anni di Google è narrata dai giornalisti David Vise e Mark Malseed nel loro libro Google Story, Egea Edizioni, Milano 2011 (terza edizione italiana)
L'idea americana di startup, infatti, nasce spesso in un garage, dove i fondatori iniziano ad elaborare il prodotto, per poi farlo crescere attraverso il sostegno dei venture capitalists ed infine arrivare a Wall Street.
Chi ha fondato o ha lavorato in una startup, sa quanto impegno e passione siano necessari per far decollare l'azienda, e può accadere che si arrivi anche al fallimento quando si sommano troppi errori.
A volte, alcune idee sono troppo in anticipo rispetto al tempo in cui vengono proposte, altre volte sono troppo in ritardo. Poi ci sono gli innovatori alla Steve Jobs (1955 – 2011): ovvero creatori di prodotti che delineano il nuovo standard di riferimento sul mercato.
L'innovazione non segue percorsi lineari, ma è il risultato di molteplici fattori, tra i quali riveste particolare importanza l'ambiente complessivo nel quale si sviluppano le idee. Alcuni giorni fa, sul sito di Techcrunch.com, è stato pubblicato il ranking delle 25 migliori aree del mondo per sviluppare una startup. La classifica è il risultato dello Startup Genome Project: si tratta di un ranking elaborato da Startup Compass: uno strumento online per aiutare gli imprenditori in fase di startup a migliorare la propria azienda e a confrontarla con altre. Varie startup, infatti, falliscono a causa di errori interni all'azienda.
Sul podio di questa classifica:
1 Silicon Valley (Stati Uniti)
2 New York (Stati Uniti)
3 Londra (Gran Bretagna)
Nessuna città italiana è presente in questa classifica.
Al primo posto troviamo la "solita" Silicon Valley, sulla costa Pacifica degli States. Ma negli ultimi anni stanno accadendo molti fatti anche dall'altra parte del Pacifico, in particolar modo in Cina. Ed è notizia di pochissimi giorni fa, l'apertura di InnoSpring, il primo incubatore tecnologico per startup sino-americane (fonte: Marketwire.com). Basato nella Silicon Valley, InnoSpring è focalizzato a supportare le startup americane e cinesi nell'espansione al di fuori del paese d'origine, ed è il risultato di una partnership fra: Tsinghua University Science Park, Shui On Group, Northern Light Venture Capital, Silicon Valley Bank. Le prime 12 startup all'interno di InnoSpring rappresentano diversi settori, tra cui: hardware, software, clean technologies e scienze della vita.
Nel mondo, dunque, si guarda al futuro. E in Italia?
L'Italia è un paese abituato, da secoli, ad una manualità artigianale tradizionale; e per l'italiano medio risulta abbastanza difficile comprendere un'attività lavorativa che si svolge nel perimetro di uno schermo digitale. Ma proprio negli schermi digitali si stanno creando opportunità di lavoro e di crescita per i giovani e per il Paese. In proposito, si segnala la lettura del post Non c'è niente di più Keynesiano di un Venture Capital di Massimo Chiriatti, sul suo NòvaBlog.
Per analizzare il panorama italiano, bisogna inoltre tenere conto di due fatti: da una parte, il fatto che nella società italiana l'innovazione non venga considerata come un importante fattore di sviluppo per il Paese; dall'altra parte, la crescita di generazioni di giovani "digitali" più connessi, culturalmente e tecnologicamente, con il resto del mondo rispetto alle generazioni dei genitori e dei nonni (più legati invece all'idea delle certezze da avere per tutta la vita).
Anche l'Italia può dire la sua, se comprende l'importanza dello sviluppo della manualità digitale, oltre a quella tradizionale. In tal senso, è utile la lettura di un paio di libri pubblicati alcuni anni fa, ancora attuali: Inventori d'Italia di Andrea Granelli e Luca De Biase, Guerini&Associati, Milano 2004, e Italia-Google. Alla ricerca dell'innovazione digitale di Francesco Carlà, Edizioni F.A.G., Milano 2006.
L'Italia del 2012 è un paese con evidenti problemi, che vive la mesta fine della Seconda Repubblica, e dopo l'iniziale luna di miele, il Governo Monti deve ora fronteggiare problemi ineludibili. Ma come si fa a crescere anche in tempo di crisi? A livello istituzionale, si registrano ora alcuni segnali di interesse per il mondo dell'innovazione, con la recente costituzione della commissione del Ministero dello Sviluppo Economico finalizzata a creare un ambiente favorevole alle startup italiane. E senza dubbio, ci sono persone di valore in questa commissione, soltanto per citarne due: Massimiliano Magrini di Annapurna Ventures e Riccardo Donadon di H-Farm Ventures.
Inoltre, è attiva anche Italia Startup: una piattaforma indipendente a supporto delle startup, nata dall'aggregazione di soggetti privati operanti nell'imprenditoria e nell'innovazione digitale.
Ed ancora, Startup Wikli seleziona e commenta le notizie più interessanti della settimana su startup, web e venture capital (servizio in lingua italiana).
Tra le principali società di venture capital in Italia, c'è anche dPixel, attiva nella valutazione di progetti imprenditoriali innovativi e nel finanziamento di imprenditori italiani che lavorano con il web.
Wind Business Factor è una palestra per startupper italiani, partecipata da: Wind, American Express, Google, Innogest, The BlogTv, Luiss Business School, EnLabs-Entepreneurship Laboratories, Scuola Italiana di Life Coaching.
E c'è anche un evento che unisce tre realtà fondamentali per lo sviluppo di un Paese: merito, talento e giovani. Mercoledì 16 maggio 2012, a Milano (ore 20, Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, Largo Gustav Mahler angolo Corso S. Gottardo), si svolgerà la prima edizione della Notte dei Talenti, a cura del Forum della Meritocrazia. Si tratta di una associazione nata da professionisti e volontari, presieduta dall'imprenditore Arturo Artom, che intende promuovere l'imprenditoria giovanile e la cultura del merito in Italia. Tra gli aderenti all'associazione, anche Ignazio Visco, Roger Abravanel, Alberto Quadrio Curzio, Ivan Lo Bello. Durante la serata, verranno assegnati gli Oscar del Merito, nelle categorie: creazione d'impresa; sport, spettacolo, arti e cultura; ricerca scientifica e università; made in Italy (moda, design e creatività); professioni; talento under 30, talento al femminile; talento italiano nel mondo.
Ciò che accade oggi sarà fondamentale per i prossimi anni. L'attuale scenario economico e politico, in Italia e nel mondo, è permeato di incertezza e il successo di chi fa startup oggi dipenderà dalla capacità di bilanciare alcuni fattori fondamentali: la validità dell'idea iniziale, la conoscenza del mercato (locale e globale), l'esecuzione pratica dell'idea imprenditoriale, la capacità di superare i momenti negativi, la creazione di una solida base di clienti/utenti, la capacità di comunicare la propria innovazione.