L'anello rosso nell'immagine qui sopra è il Grande Raccordo Anulare: l'anello autostradale che circonda la città di Roma. E Sacro GRA è il film-documentario, diretto da Gianfranco Rosi, che ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia di quest'anno.
Dopo averlo visto, rimane l'idea che l'innovatività non sia tanto nello stile (chiaramente documentaristico) quanto nella scelta di approcciare il racconto della realtà partendo dal concetto di margine quotidiano. Ecco dunque l'umanità dolente, visibile ed invisibile allo stesso tempo, che popola le aree di periferia di una città (Roma) dove i confini tra dentro e fuori, tra inizio e fine, sono sempre più sfumati. Viene qui svelata una parte del mondo interiore che ognuno porta con sé.
Stimolante e spiazzante sia per il pubblico sia per l'industria audiovisiva (con una struttura non lineare ben realizzata anche in fase di montaggio), Sacro GRA ci ricorda come il punto di vista sul mondo possa essere molto diverso da persona a persona. Le storie mostrate disegnano uno spaccato in cui la durezza della vita quotidiana diventa cinema, con un effetto circolare – simbolicamente rappresentato dalla forma del Grande Raccordo Anulare – che non produce un punto d'arrivo ma mette in parallelo (come le automobili che viaggiano sul Raccordo) vite e storie in una narrazione potenzialmente incessante, dove il "tirare avanti" della vita viene mostrato in forma nuda e cruda, all'insegna della "sacralità" dell'esistenza umana, qualunque essa sia.
Potrà non piacere a tutti, ma non mancano gli spunti per un modo diverso di documentare visivamente la realtà.