Dialoghi tra Italia e Stati Uniti, nell’edizione 2019 del Premio “PAIR – Prize for American Italian Relations”

Nell’immagine: I premiati del Premio PAIR – Prize for American Italian Relations 2019. Da sinistra: Renzo Arbore (artista, musicista e showman), Riccardo Masetti (medico, oncologo dell’Ospedale Gemelli di Roma, promotore dell’Associazione Susan G. Komen in Italia), Ilaria Capua (scienziata, virologa, direttrice del One Health Center of Excellence, Florida University), Mark Thompson (Ceo New York Times Company), Giuseppe Tornatore (regista cinematografico, già Premio Oscar). Roma, Centro Studi Americani, 4 settembre 2019.

Il Premio “PAIR – Prize for American Italian Relations” è il Premio annuale istituito, a partire dal 2016, dal Centro Studi Americani – Center for American Studies per dare un riconoscimento a persone che si siano distinte nel creare un legame fra Italia e Stati Uniti.

Ieri sera, nella bella sede del Centro Studi Americani a Roma, si è svolto l’evento di premiazione dell’edizione 2019 del Premio. La cerimonia è stata organizzata dal Centro Studi Americani e dall’Accademia di Belle Arti di Roma, in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia.

Alla presenza di Gianni De Gennaro, presidente del Centro Studi Americani, e di Carlotta Ventura, direttrice del Centro Studi Americani, ha avuto luogo la premiazione.

La serata è stata presentata da Maria Latella, giornalista Radio 24 – Il Sole 24 Ore.

L’artista Alessandra Porfidia ha realizzato le opere d’arte che sono state consegnate ai premiati.

Il Comitato d’Onore del Premio, presieduto da Gianni Letta e coordinato da Mario Alì, ha stabilito di assegnare l’edizione 2019 del Premio PAIR a:

Giuseppe Tornatore (regista e sceneggiatore cinematografico, già Premio Oscar)

Mark Thompson (Ceo New York Times Company)

Ilaria Capua (scienziata, virologa, direttrice del One Health Center of Excellence, Florida University)

Inoltre, sono stati assegnati riconoscimenti speciali a:

Renzo Arbore (artista, musicista e showman)

Riccardo Masetti (medico e oncologo dell’Ospedale Gemelli di Roma, promotore dell’Associazione Susan G. Komen in Italia)

Le persone premiate lavorano in campi diversi, e ascoltandoli è stato possibile vedere diverse angolazioni nelle interazioni tra Italia e Stati Uniti.

Parlando in inglese, Ilaria Capua ha affermato: «Ho avuto una vita incredibile come scienziata. L’Italia è il Paese che mi ha insegnato ad essere una buona scienziata. Al giorno d’oggi, la scienza non è ancora comunicata bene. Abbiamo bisogno di ponti tra Italia e Stati Uniti, e la scienza deve essere uno di questi ponti».

Ricevendo il Premio, Mark Thompson ha spiegato: «Sono stato fortunato nella mia carriera. Viviamo in tempi impauriti e di instabilità. I periodi storici di disruption sono seguiti da periodi di stabilità. Sono personalmente coinvolto nelle relazioni tra Stati Uniti e Italia e nelle relazioni tra gli Stati Uniti e il resto del mondo».

Nel suo intervento, Giuseppe Tornatore ha dichiarato: «Ho scoperto l’America quando ero ancora un ragazzino, tramite il cinema. Ho iniziato a frequentare gli Stati Uniti nel 1989, e questo premio è il sigillo alla mia relazione con l’America. Ringrazio gli americani che mi hanno aiutato in questi anni».

Commentando il riconoscimento speciale assegnatogli, Renzo Arbore ha detto: «Ho 82 anni. Quando ero bambino, in Puglia c’è un grande aeroporto militare con presenza di americani. Mi sono innamorato dell’America ascoltando la musica americana, in particolare il jazz. E gli italiani, soprattutto i siciliani, hanno dato un contributo notevole al jazz».

In seguito e a conclusione dell’evento, parola al prof. Riccardo Masetti, docente di Chirurgia all’Università Cattolica di Roma, oncologo all’Ospedale Gemelli di Roma, promotore dell’Associazione Susan G. Komen in Italia e della Race for the Cure (manifestazione sportiva a sostegno delle donne con diagnosi di tumore): «Sono onorato di ricevere questo premio. La mia passione per gli Stati Uniti è nata quando ero bambino, dai 10 ai 13 anni d’età ho vissuto lì, perché mio padre lavorava all’Ambasciata italiana a Washington. Condivido questo premio con i volontari italiani dell’Associazione Susan G. Komen che lavorano con me da venti anni».