Le impronte umane nel mondo digitale, spiegate nel nuovo libro di Alice Avallone

Nel mare magnum del mondo digitale, bisogna sapersi orientare.

Alice Avallone, classe 1984, piemontese con periodi di vita trascorsi in Australia e negli Stati Uniti, esplora la Rete fin dai primi anni Zero.

Attualmente, insegna alla Scuola Holden di Torino. Da diversi anni, è animatrice di ricerche e progetti sull’antropologia digitale.

E scrive anche libri, il più recente dei quali è #DataStories. Seguire le impronte umane sul digitale, Hoepli editore, disponibile da domani.

«Per capire il mondo che abitiamo e per dare significato ai dati – spiega Avallone –, servono innanzitutto umanisti, filosofi, semiologi, comunicatori. Persone che, davanti a un file Excel, sanno intercettare la magia dei numeri che raccontano innanzitutto storie. Ci sono due tipi di pescatori. Il primo pesca a strascico: getta una rete e la trascina sul fondo del mare. Tira su velocemente pesci grandi e piccoli, ma anche coralli e posidonie. Insomma, porta in superficie tutto quel che trova, senza selezione, come algoritmi e intelligenza artificiale. Il secondo, invece, è paziente e rispettoso. La sua è una pesca artigianale, come quelle di una volta. Usa attrezzi specifici a seconda del pesce che sta cercando e delle abitudini locali. Chi si occupa di small data è un po’ come il secondo pescatore: selettivo nella ricerca, meticoloso nella scelta dell’attrezzatura, attento al territorio in cui si sta muovendo. Certo, serve più tempo, e a volte si rischia di tornare a casa a mani vuote. Ma la qualità ha un sapore più buono della quantità. Vale la pena provarci».