Al giorno d’oggi, l’economia è un tema per cuori forti.
Ancora di più per gli italiani, che in questi anni di crisi hanno dovuto trovare nuovi modi per risparmiare.
Il fatto sicuro è che ci troviamo in una situazione economica mondiale senza precedenti, e ciò ha creato forti tensioni economiche tra i Paesi.
Anche di questo si parlerà durante il Festival dell’Economia a Trento, dal 29 maggio al 2 giugno 2015 (ingresso libero, programma qui).
Nel frattempo, nel mondo la digitalizzazione dei sistemi di pagamento procede, con varie velocità. L’Italia è ancora indietro in quest’area, ma qualcosa si muove e si parlerà del rapporto fra moneta elettronica, sistemi digitali di pagamento e servizi pubblici ai cittadini nella quinta edizione del No Cash Day, che si svolgerà a Roma, lunedì 8 giugno 2015, alla Camera dei Deputati: qui il programma completo della mattinata e la registrazione all’evento. Interverranno, tra gli altri, esponenti della Banca d’Italia, di alcune banche italiane e gli assessori comunali che si stanno occupando di questi temi a Roma, Milano, Torino, Bergamo, Vicenza, Bari.
Oggi più che mai, l’economia è diventata un thriller. E in Europa, dopo 7 anni, non si è ancora riusciti a risolvere il problema del rapporto fra la Grecia e i suoi creditori. Nel frattempo, lo stato greco sta finendo la liquidità a sua disposizione, e quest’anno sembra essere davvero cruciale per la sua permanenza nell’area euro.
Zona euro che vede la crisi acuta di un Paese con una economia abbastanza piccola come la Grecia. Nel caso dell’Italia, la situazione è forse ancora più delicata, perché si tratta della prolungata mancanza di crescita di un Paese di 60 milioni di persone. Il prezzo del petrolio, lo spread e il quantitative easing sono tre fattori che dovrebbero portare il Pil italiano attorno a +1,2%. Dovrebbero, al condizionale, perché i cambiamenti veri si fanno attraverso riforme vere. La ripresa, dove c’è, è ancora molto debole. E in Italia c’è una spesa pubblica molto grande ed inefficiente, che va razionalizzata mantenendo e migliorando i servizi fondamentali dello stato. Nel dibattito su cosa sia più importante per la crescita – gli investimenti o i consumi – io penso che siano gli investimenti a fare ripartire l’economia. Poi, naturalmente, c’è il problema dell’enorme debito pubblico italiano (un problema, quello del debito, presente anche in altri Paesi).
Lo scenario economico internazionale è ulteriormente complicato dal fatto che ognuno sta applicando strategie diverse. In Europa, nonostante il diverso parere della Germania, la BCE ha stampato moneta e ha fatto il QE perché deve tenere sotto controllo l’inflazione attorno al 2%, mentre negli Usa la FED ha storicamente un duplice compito: controllare l’inflazione e stimolare la crescita. Inoltre, tra inflazione e deflazione è più pericolosa quest’ultima, perché essa frena totalmente l’economia, e per contrastarla si stampa moneta. Il cross euro/dollaro, peraltro, viaggia progressivamente verso la parità di cambio 1:1.
La “guerra valutaria” è un altro aspetto di cui tenere conto: molti, ad esempio, sono rimasti sorpresi dalla mossa (a gennaio 2015) della Banca Centrale Svizzera, ma si è trattato di una decisione che ha anticipato il QE di marzo della BCE e ha permesso al franco svizzero di apprezzarsi.
Per quanto riguarda la BCE, l’azione di Draghi si può sintetizzare in tre mosse: stampare moneta, creare liquidità, mantenere i tassi ancora molto bassi. Negli Usa, invece, i tassi saranno alzati ma senza fretta, come ha fatto intendere Yellen, tenendo conto anche del livello di disoccupazione. Siamo in un momento storico in cui le strategie delle Banche Centrali sono persino più importanti dei dati macro.
Altro fatto inedito è che ognuno cerca di esportare agli altri, ma non c’è un Paese che riesca a stimolare bene i propri consumi interni. La Cina ha certamente consumi interni in crescita ma ha una struttura sociale ed economica diversa dai Paesi occidentali e non può crescere per sempre a ritmi forsennati. Il Giappone sta faticosamente tentando di uscire da un ventennio di stagnazione economica ma non è facile, l’Europa è un insieme di Stati diversi tra loro per cultura ed economia. Gli Stati Uniti sono alle prese con una trasformazione di fondo della propria economia verso la robotica e l’automazione nella produzione, con la tecnologia digitale che rappresenta il nuovo livello di avanzamento del capitalismo. La Gran Bretagna è un caso abbastanza particolare per vari motivi: ha una moneta forte e stabile come la sterlina, tende a fare business più con gli Usa e con le proprie ex colonie sparse nel mondo che con la vicina Europa, ha una metropoli (Londra) dove c’è un mercato finanziario e immobiliare molto importante, inoltre già da due anni alla Borsa di Londra è presente un indice dedicato al mercato islamico (la finanza islamica è tra i settori emergenti della finanza globale, come ha già messo in luce da alcuni anni Loretta Napoleoni, economista italiana molto attenta alle dinamiche finanziarie globali).
D’altra parte, le aziende labour intensive hanno un costo marginale che cresce di più rispetto alle aziende capital intensive. La Germania, per fare un esempio, vuole una valuta forte anche perché esporta molti beni di qualità nella chimica e nella meccanica di precisione. E’ vero anche che un Paese non può crescere per sempre soltanto esportando, ma deve sviluppare anche il mercato interno. Inoltre, i tassi negli Usa sono così bassi che i flussi speculativi di capitale si sono spostati verso la Cina, ma neanche in Cina vogliono l’inflazione. Ed è improbabile che il petrolio vada ancora al di sotto dei 50 dollari al barile, perché con un prezzo troppo basso molti produttori uscirebbero dal mercato.
In tutto ciò, la Borsa Italiana (che non simula bene la struttura di fondo dell’economia italiana) è oggi sostanzialmente allo stesso livello del 1997. Ovvero di quasi 20 anni fa.
Gestire i grandi cambiamenti in atto nell’economia internazionale non è semplice. La finanza è una scienza, non perfetta, che cerca di prevedere il futuro. E anche in Italia è ora di guardare al domani.