Presentazione del libro Italo Globali, Londra, 13 luglio 2015. Da sinistra: Chiara Cecilia Santamaria, Alessia Affinita, Alessandro Mele, Gabriele Caramellino, Matteo Cerri, Corrado Accardi, Rita Comi, Cristina Alaimo. Photo by Giada Charmain
La città-stato di Londra mi regala sempre qualcosa.
Nei giorni scorsi, mi ha regalato venti gradi in meno rispetto alla calura romana (nella quale, nel frattempo, sono tornato), e mi ha fatto respirare quell’aria di ottimismo che è necessaria anche per il futuro dell’Italia.
Come forse sapete, un paio di giorni fa si è svolta la seconda presentazione del libro Italo Globali (di cui sono curatore per Lupetti editore) nel Regno Unito, ancora nella capitale britannica. Dopo la prima presentazione dell’anno scorso al Consolato Italiano di Londra, questa volta il teatro dell’evento è stata la Fiumano Fine Art Gallery, diretta da Francesca Fiumano.
Anche in questa occasione, c’è stato il contributo delle idee portate dagli Italo Globali di Londra.
Al panel che ho coordinato, hanno partecipato Matteo Cerri (Ceo The Family Officer Group e Ceo i2i – Italian Ventures), Alessia Affinita (direttrice The Italian Community – The Free Business Directory for Italians abroad), Alessandro Mele (Ceo EthicalFin – Clean Capital Partners), Cristina Alaimo (Ricercatrice in Innovazione Digitale, London School of Economics and Political Science, Dipartimento di Management), Corrado Accardi (Co-Fondatore e Ceo Pizza Rossa), Rita Comi (Co-Fondatrice e Managing Director Machas Creative Consultancy), Chiara Cecilia Santamaria (Digital Strategist, Scrittrice, Autrice del Blog Machedavvero.it, Esploratrice della Vita).
Dunque, come è l’Italia vista dagli Italo Globali di Londra? Diverse le idee messe in campo.
Un punto di partenza può essere la consapevolezza della differenza tra l’apertura mentale degli italiani all’estero e l’apertura mentale degli italiani in Italia, con gli italiani all’estero che stanno creando inedite reti di business e comunicazione per sostenere attività commerciali, trovando il modo giusto di vendere a Londra. In tal senso, la creazione di un Made by Italians può condurre ad una nuova dimensione del Made in Italy. Altro punto emerso è che spesso agli italiani manca la capacità di rimettersi in discussione: sia in Italia sia nel Regno Unito c’è l’individualismo, ma gli inglesi hanno compreso che la collaborazione è importante per costruire il futuro e l’innovazione.
Innovazione che oggi scorre sempre più sui canali di comunicazione, con i social media che sono media dove si può tracciare il sentiero, e vanno usati al pari dei media tradizionali. La pubblicità italiana, d’altra parte, non può più avere quel tono paternalistico che ormai è diventato anacronistico. Sono sempre più necessarie flessibilità e thinking out of the box. Inoltre, nel panorama attuale della comunicazione, i nuovi intermediari digitali sono usati ormai da molti milioni di persone e in questo senso la capacità critica degli italiani (e in generale di chi ha compiuto studi umanistici) torna utile nel mondo digitale, dove spesso si naviga a vista.
E cosa bisogna fare per il futuro dell’Italia? Tra i temi emersi: fare imparare l’inglese fin da bambini; ridurre la disorganizzazione nelle strutture pubbliche e private; riprogettare l’università italiana sul mondo contemporaneo; snellire il corpo giuridico che appesantisce la creazione d’impresa, agevolando la creazione di nuove aziende non soltanto attraverso sgravi fiscali ma anche tramite la creazione di un ambiente generale favorevole al rischio d’impresa (Rita Comi, co-fondatrice di Machas, una delle aziende intervenute alla presentazione, ha dichiarato che “dal punto di vista tecnico, la nostra azienda è nata nel 2011 a Londra semplicemente con un capitale iniziale di 68 sterline, un computer e un iPad“).
Consenso unanime, infine, anche sulla necessità di cambiare il sistema in Italia.
C’è sempre da imparare dagli Italo Globali.