Nonostante la prolungata fase di stallo che sta coinvolgendo le economie e le società dei paesi occidentali, c'è fermento nei business legati ai social media.
Secondo le ultime voci, Facebook dovrebbe approdare a Wall Street (la Borsa americana) tra aprile e giugno del 2012. Anche Zynga (games online) si avvia alla quotazione e LinkedIn, già presente sul listino americano, ha appena aperto una sede anche in Italia, a Milano.
In questi anni, il web 2.0 è in piena attività e per gli imprenditori che hanno sviluppato la propria idea sul web negli Usa, lo sbarco in Borsa appare come la "prassi" per portare il business aziendale dalla fase di start up alla prova concreta del mercato. Rispetto all'epoca delle dotcom (fine anni Novanta/inizio anni Duemila), oggi c'è minore frenesia per arrivare alla quotazione in Borsa, e anche fra le start up innovative americane ci sono differenze: per le aziende della West Coast (California) sembra prioritaria una crescita molto rapida del business, mentre sulla East Coast sembra prevalere un approccio più orientato al lungo termine. Discorso diverso per i social media made in China, che risentono della particolare situazione economica e politica cinese.
Indubbiamente, i social media sono uno dei fenomeni di business più interessanti in questi anni, con una crescita esponenziale nel numero di utilizzatori. In soli sette anni, Facebook ha raggiunto 800 milioni di iscritti; Twitter ha cinque anni di vita ed è già sopra i 200 milioni di utenti. Il successo globale di queste idee è innegabile. Le prospettive economiche e finanziarie dei social media richiedono, invece, analisi più approfondite.
La capacità di saper tradurre la massa di clienti in ricavi aziendali è fondamentale per i business legati al social networking e al variegato mondo dei social media. La Borsa, infatti, ragiona con logiche diverse rispetto ai manager che gestiscono una attività sul web. In sintesi, si può dire che nel breve periodo la Borsa emette velocemente sentenze, mentre nel lungo periodo valuta con maggiore cognizione di causa. Tutto ciò è particolarmente vero per Wall Street, la Borsa americana con sede a New York.
Da alcuni anni, le oscillazioni delle Borse nel mondo sono diventate un argomento presente con regolarità nei media. All'interno delle Borse, vengono trattati e scambiati molti prodotti finanziari e, negli ultimi vent'anni, sono certamente aumentati i prodotti strutturati e derivati, molto difficili da comprendere per il singolo investitore. E quando il prodotto è troppo complicato da capire o appare cervellotico, sono altissime le probabilità che non sia un buon investimento per chi lo dovrebbe sottoscrivere.
Tra i prodotti finanziari introdotti sul mercato negli ultimi anni, gli ETF (Exchange Traded Fund) rappresentano una eccezione positiva: si tratta di fondi che vengono trattati e scambiati come azioni e sono composti di un insieme di società quotate, tra loro affini per tipo di attività. Esempio pratico: acquistare le azioni di una determinata azienda, significa fare una scelta precisa sul business di quella azienda (prendere una mela rossa piuttosto che una verde). Acquistare un ETF, significa acquistare un fondo che contiene una varietà di business simili ma non del tutto uguali (prendere un cesto con mele, arance, pere ed altri frutti). L'utilità degli ETF è quella di ridurre il rischio se si vuole investire in un settore interessante, ma non si sa quali sono le singole aziende che potrebbero garantire un buon investimento in quel settore.
Gli ETF sono acquistabili e gestibili in qualsiasi momento anche dall'investitore individuale e in Italia sono arrivati nel 2002, dopo l'esordio negli Stati Uniti negli anni Novanta. Nel corso degli anni è aumentata l'offerta di ETF sul mercato ed oggi è possibile investire con questo strumento finanziario in numerosi settori, industrie, Paesi. Va detto, inoltre, che la composizione di un ETF può cambiare nel tempo, con l'uscita di alcune aziende e l'introduzione di altre nel fondo. In questo caso, per l'investitore non cambia nulla poiché il ribilanciamento avviene in automatico. Rispetto alle azioni, gli ETF sono generalmente considerati come investimenti adatti a chi cerca rendimenti sul medio-lungo termine.
Ed ora, come segno dei tempi, è arrivato a Wall Street il primo ETF sui Social Media, denominato Global X Social Media Index ETF (SOCL). La sigla tra parentesi è il ticker: ossia l'acronimo (variabile da 1 a 5 lettere) che identifica il titolo sul mercato. L'esordio è avvenuto alla metà di novembre 2011 e, sia per informazione sia come esercizio di allenamento, è utile sapere quali società e quali Paesi fanno parte di questo ETF, in peso percentuale.
Ad esempio, se guardiamo alla nazionalità delle aziende, troviamo sul podio: Cina (36,92%), Stati Uniti (26,31%), Giappone (19,47%). E c'è anche un pizzico di Italia (1,03%). Tra le singole aziende con maggior peso relativo, si trovano nomi come Sina e Netease (Cina, entrambe al 10%), e Google (Usa, al 4,75%).
Scarica Composizione Primo ETF sui social media – Borsa di New York, novembre 2011