Prendo spunto dalla storia di copertina di oggi sul cartaceo del supplemento settimanale Sette del Corriere della Sera. Titolo in prima pagina: Londra, Italia.
Il fenomeno degli italiani di successo a Londra è ormai indagato da più parti e guardando i numeri dell’emigrazione italiana nel Regno Unito, non c’è dubbio che la London Greater Area si stia “italianizzando” notevolmente negli ultimi anni, con una popolazione di origine italiana stimata attorno a 400 mila persone. I motivi principali dello sbarco in UK? La mobilità sociale bloccata in Italia, la ricerca di lavoro, la voglia di provare a fare un’esperienza all’estero ad appena un paio d’ore di volo dall’Italia.
Nell’immaginario degli italiani che oggi hanno tra i 20 e i 40 anni d’età, Londra appare come una sorta di “America dietro casa” che dà una possibilità a tutti senza guardare l’appartenenza pregressa a tribù di vario tipo. Ma la realtà è più complessa perché il mondo anglosassone è molto competitivo e le qualità italiane della simpatia e del “farsi volere bene” non sono sufficienti quando si opera in un ambiente molto attento ai risultati e ai numeri. Ovvero: le soft skills italiane possono essere di aiuto soltanto se alla base c’è una preparazione solida in qualche campo specifico.
Fatta questa premessa, è interessante notare la varia umanità italo globale che attualmente popola la capitale britannica o la frequenta per lavoro. Il panorama è davvero variegato. Molto nutrito il gruppo di uomini e donne d’affari: ci sono finanzieri come Matteo Cerri (The Family Officer Group / i2i Ventures), Alessandro Mele (EthicalFin), imprenditori come Marco Corsaro (77Agency), Valentina Guarneri e Rita Comi (Machas Creative Consultancy), Francesco Carlà (FinanzaWorld), Corrado Accardi e Luca Magnani (Pizza Rossa), Paola Marinone (BuzzMyVideos), Bruno Cernecca (Vini Italiani), liberi professionisti nel settore creativo come Ambra Medda (Christie’s / L’ArcoBaleno), Alessandro Ghigo (Combustion Interactive Communications / 77Agency), Giulio Mazzarini (fotografo), Francesco Brenta (architetto – Orproject), Dino Lenny (produttore musicale), Lara D’Appollonio (fotografia commerciale), Francesca Sarti (food e design), Laura Micalizzi (designer), Francesca Fiumano (Fiumano Fine Art Gallery), coach di startups come Dario D’Aprile, networkers come Alessia Affinita (The Italian Community – The Free Business Directory for Italians Abroad), Teresa Pastena (CV&Coffee). Vi sono anche persone che si muovono tra ricerca sulla comunicazione e aziende, come Francesco D’Orazio (Face / Pulsar), Cristina Alaimo (London School of Economics and Political Science). Senza dimenticare le scrittrici (Chiara Cecilia Santamaria, Simonetta Agnello Hornby, Viola Di Grado) e gli autori di audiovisivi (Luca Vullo, Alessandra Bonomolo). Da molti anni, Londra è anche la residenza di una delle maggiori economiste italiane: Loretta Napoleoni. E uno dei maggiori studiosi internazionali di storia europea – Donald Sassoon – è da sempre affezionato all’Italia. Così come è affezionato all’Italia uno dei maggiori studiosi mondiali di comunicazione: Derrick de Kerckhove. Inoltre, è appena entrato in carica il nuovo direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra: Marco Delogu.
Andare a Londra è la soluzione per trovare lavoro? Attenzione: salire su un aereo diretto verso una metropoli globale di 9 milioni di abitanti non risolve automaticamente i problemi lavorativi che si hanno in Italia, anzi bisogna fare attenzione alle situazioni di sfruttamento che si possono creare quando non si ha una strategia per cercare lavoro.
Il tema dei talenti italo globali sparsi nel mondo è ampio e naturalmente non riguarda soltanto Londra. Per fare altri esempi: l’autore televisivo e cinematografico Luca Martera lavora tra l’Italia e gli Stati Uniti, la digital strategist Alice Avallone viaggia in tutto il mondo (soprattutto tra Usa e Australia), l’imprenditore nel settore audiovisivo Bruno Pellegrini (Userfarm) lavora tra Italia e resto del mondo, il digital storyteller Felice Limosani è anch’esso un frequente viaggiatore in tutti i continenti, l’art director Riccardo Parenti vive in Giappone, il pubblicitario e artista Lorenzo Marini lavora regolarmente con gli Stati Uniti, ed è italiano il responsabile delle agenzie creative di Google in Medio Oriente: Alex Brunori. Così come è italiano Carlo Giordanetti, direttore creativo di Swatch. Il chimico emergente Giovanni Palmisano lavora negli Emirati Arabi Uniti, e uno dei più talentuosi scienziati italiani nel campo delle energie rinnovabili – Mario Pagliaro – fa parte della maggiore società scientifica internazionale nel campo della chimica: la londinese Royal Society of Chemistry.
L’internazionalizzazione delle imprese italiane è ormai necessaria in molti settori: non è una operazione così semplice come può apparire, e in tal senso il contributo dei Global Italians può essere importante. Italo Globali che lavorano e producono fatturato all’estero, e all’estero pagano le tasse. Chissà cosa potrebbe succedere se in Italia ci fosse un regime fiscale più snello e una mentalità più rivolta al futuro…
PS
Alcune delle persone citate in questo post hanno partecipato anche al libro Italo Globali di cui sono curatore (Lupetti editore): qui c’è la cronaca della presentazione del libro svolta il mese scorso a Londra e qui ci sono le informazioni complete sul libro.