Due giorni fa, a 90 anni (alle isole Bahamas dove viveva da tempo), è venuto a mancare Sean Connery: l’attore scozzese che ha portato sul grande schermo il personaggio letterario di James Bond creato dallo scrittore britannico Ian Fleming (1908 – 1964).
Connery è stato il primo ad incarnare il personaggio probabilmente immortale di James Bond, a partire dal 1962. L’agente segreto 007 e la sua celebre battuta “Bond, il mio nome è James Bond” sono entrati nell’immaginario collettivo globale, e Connery è stato un ottimo interprete di questo agente dell’MI6 al servizio di Sua Maestà, ironico, colto, amante delle donne e del Dom Perignon e del Martini.
Nel 2015, due studiosi italiani di comunicazione, Alberto Abruzzese e Gian Piero Jacobelli, hanno curato un libro collettivo dedicato all’analisi accademica di Bond, intitolato Bond, James Bond. Come e perché si ripresenta l’agente segreto più famoso del mondo, Mimesis editore.
Curioso notare come Connery abbia recitato anche nel film Il nome della rosa (1986) tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e studioso italiano di comunicazione Umberto Eco (1932 – 2016).
Nella storia del cinema, non mancano i casi di adattamento da letteratura a cinema: a volte era meglio il libro, altre volte invece la trasposizione cinematografica è stata migliore dell’opera letteraria.
Non sono poche le opere audiovisive che hanno accresciuto la notorietà dei romanzi o delle saghe da cui sono stati tratti, arrivando anche a influenzarli. Andrea Camilleri (1925 – 2019), ad esempio, ha continuato a scrivere le storie di Montalbano anche dopo aver partecipato alla scrittura delle trasposizioni televisive, dichiarando che il Montalbano televisivo lo ha aiutato a comprendere meglio il Salvo dei suoi gialli.
Letteratura e cinema, in quanto forme espressive narrative, sono due linguaggi profondamente legati: entrambi lavorano su storie, personaggi, desideri, paure, anche se con strumenti diversi. È per questo che la qualità di un adattamento non si misura tanto nella capacità di seguire pedissequamente eventi e dialoghi presenti in un’opera letteraria, quanto nella facoltà di operare piccoli o grandi cambiamenti in fase di scrittura e di messa in scena, per restituire sullo schermo il mondo creato nel romanzo.
È quanto accade, ad esempio, nell’adattamento del romanzo Ragione e Sentimento di Jane Austen (1775 – 1817) scritto nel 1995 dall’attrice Emma Thompson. Nella sceneggiatura del film sono stati sviluppati episodi e dialoghi per superare la natura anti-drammaturgica della scrittura di Austen, composta prevalentemente di descrizioni: facendo agire i personaggi è stato possibile restituire in pieno caratterizzazioni, ambientazione e lo stile di scrittura che contraddistingue il romanzo.
All’analisi delle scelte drammaturgiche e produttive messe in campo in questo film e in altri adattamenti ben riusciti dedica ampio spazio Armando Fumagalli in una nuova edizione di un libro da lui scritto nel 2004, riproposto oggi, arricchito e aggiornato, in due volumi autonomi ma collegati. L’aggiornamento tiene conto dell’incremento della produzione di serialità televisiva degli ultimi anni ed è frutto delle esperienze didattiche e professionali di Fumagalli, che oltre a dirigere il Master in International Screenwriting and Production all’Università Cattolica di Milano, è da diversi anni anche consulente di sceneggiatura per la casa di produzione audiovisiva italiana LUX Vide.
«Nel 2004 – spiega Armando Fumagalli – scrissi il libro “I vestiti nuovi del narratore”, pubblicato con la casa editrice Il Castoro, che ha avuto diverse ristampe. Nei mesi del lockdown primaverile ho integrato, aggiornato e ampliato il libro, soprattutto tenendo conto delle mie esperienze di lavoro su adattamenti come quelli dei romanzi “Anna Karenina” e “Guerra e pace”, fatti per la Rai, e per il film “Bianca come il latte rossa come il sangue” per il cinema, oltre che per le serie televisive su Cosimo e Lorenzo de’ Medici, sempre per Rai. Ora il libro è scomposto in due volumi e si chiama più direttamente “L’adattamento da letteratura a cinema”».