Da una decina di anni, mi interesso al tema degli italiani all’estero. Ho 37 anni, e quando ero più giovane ho frequentato Londra: una metropoli straordinaria, competitiva e globale.
Nell’ultimo decennio, ho sviluppato il tema Italo Globali in varie forme: il libro collettivo Italo Globali, di cui sono stato curatore nel 2014 per la casa editrice Fausto Lupetti; gli eventi di presentazione del libro Italo Globali (realizzati in Italia e in Gran Bretagna), il canale di Italo Globali su YouTube, gli eventi sul tema Italo Globali (tra i quali, due convegni svolti al Parlamento Italiano), la pagina Facebook di Italo Globali, i post pubblicati su questo NòvaBlog nel corso degli ultimi dieci anni.
Come è fisiologico che accada in questi casi, un tema così ampio ha vari aspetti: porta a conoscere persone al di fuori della propria comfort zone, può essere trattato da prospettive diverse, significa parlare della situazione generale dell’Italia, vuol dire guardare cosa succede nel mondo, soltanto per citare alcune attività connesse al tema Italo Globali.
Con piacere, posso affermare di conoscere persone Italo Globali di valore, che vivono sia in Italia sia all’estero.
Ovviamente, non sono l’unico che si interessa di questo tema.
La Fondazione Migrantes è un organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, ha sede a Roma, e dal 2006 pubblica il Rapporto Italiani nel Mondo. Si tratta di una delle più articolate ricerche sul tema degli italiani all’estero.
Ieri, a Roma, si è svolta la presentazione nazionale dell’edizione 2017 del Rapporto Italiani nel Mondo, a cura di Delfina Licata. Il Rapporto, di oltre 500 pagine, è stato realizzato con il contributo di 55 esperti (residenti in Italia e all’estero), e si compone di cinque sezioni: Flussi e presenze; La prospettiva storica; Indagini, riflessioni ed esperienze contemporanee; Speciale Regioni; Allegati socio-statistici e bibliografici. Nel Rapporto di quest’anno, sono presenti approfondimenti su Francia e Australia, sulla genitorialità a distanza, sulla mobilità dei Millennials prima e dopo la Brexit, sui nuovi italiani (ovvero cittadini di origine nazionale diversa che, dopo un periodo di migrazione trascorsa in Italia e dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana, si spostano fuori dall’Italia).
Oltre ai dati dell’AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, il Rapporto contiene anche i dati ISTAT sui trasferimenti di residenza per l’estero e la migrazione interna, quelli dell’INPS sulle pensioni, della Banca d’Italia sulle rimesse.
Attualmente, gli italiani residenti all’estero sono circa 5 milioni di persone. All’interno di questi 5 milioni di persone, c’è un insieme molto eterogeneo di situazioni personali e lavorative.
I numeri presentati nell’edizione di quest’anno del Rapporto sono importanti: si tratta di dati sui quali è bene riflettere.
In base ai dati contenuti nel Rapporto: attualmente 2,6 milioni di italiani vivono in Europa; 1,6 milioni vivono in America Centro-Meridionale; 396.000 vivono in America Settentrionale; 147.000 vivono in Oceania; 65.000 vivono in Asia; 65.000 in Africa.
Dal 2006 al 2017, gli italiani che si sono trasferiti all’estero sono aumentati del 60,1% passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni. Nell’ultimo anno, l’aumento è stato del 3,4%.
Da gennaio 2016 a dicembre 2016, le iscrizioni all’AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero per espatrio sono state 124.076 (+16.547 rispetto all’anno precedente, +15,4%), di cui il 55,5% (68.909) maschi. Il 62,4% sono celibi/nubili e il 31,4% coniugati/e. Oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (oltre 9.000 in più rispetto all’anno precedente, +23,3%); il 25% ha tra i 35 e i 49 anni (quasi +3.500 in un anno, +12,5%).
L’area geografica di maggiore destinazione è stata l’Europa, seguita dall’America Settentrionale (Stati Uniti e Canada).
Il Regno Unito, con 24.771 iscritti, registra un primato assoluto tra tutte le destinazioni, seguito dalla Germania (19.178), dalla Svizzera (11.759), dalla Francia (11.108), dal Brasile (6.829) e dagli Stati Uniti (5.939).
La Lombardia, con quasi 23 mila partenze, si conferma la prima regione italiana di partenza, seguita dal Veneto (11.611 partenze), dalla Sicilia (11.501 partenze), dal Lazio (11.114 partenze) e dal Piemonte (9.022 partenze). Il Friuli Venezia Giulia è l’unica regione con meno partenze: (-300 friulani, -7,3%).
Nel Rapporto, viene sottolineato come «La mobilità sia una risorsa perché permette il confronto con realtà diverse ed è, se ben indirizzata, una opportunità di crescita. In particolare, la questione non è tanto quella di agire sul numero delle partenze – anche perché nel mondo globale la libertà di movimento e il sentirsi parte di spazi più ampi e di identità arricchite è quanto si sta costruendo da decenni – ma piuttosto trasformare l’unidirezionalità in circolarità, in modo da non interrompere un percorso di apprendimento e formazione crescente, migliorando le competenze e mettendosi alla prova in ambienti culturali e professionali diversi. In questo processo di partenze e rientri, di permanenze temporanee, di periodici spostamenti, emerge la necessità che la mobilità diventi sempre più un processo dinamico di relazioni e non una imposizione di qualche nazione su un’altra».
Mons. Guerino Di Tora, Vescovo ausiliare di Roma e Presidente della Fondazione Migrantes, ha affermato: «In Italia, viviamo, ancora una volta, il “tempo dell’attesa”, in cui sempre più famiglie vedono partire i loro figli, i loro padri, i loro nipoti, persino gli anziani. Viviamo il tempo dell’instabilità, economica e geopolitica, e questa precarietà crea la necessità di trovare risorse altrove. Ma la libertà di partire non deve negare la libertà di restare o di ritornare nella propria patria. Purtroppo, sono tanti i giovani italiani che oggi non riescono a rientrare. Sono in tanti a sperimentare un percorso di sola andata verso l’estero, con la speranza del ritorno. Bisogna valorizzare risorse e competenze, acquisite in Italia e all’estero, mettendole al servizio di un Paese che ha urgente bisogno di essere rilanciato, svecchiato e ricostruito. L’occupazione giovanile e la valorizzazione delle nuove generazioni sono temi centrali per la rinascita dell’Italia. Non si può non passare anche dal confronto con l’estero, dove il viaggio diventi fenomeno di arricchimento e non di privazione. Ho modo di incontrare tanti ragazzi e tante giovani famiglie che decidono di lasciare l’Italia. Loro partono, ma i loro familiari più stretti restano in Italia, e si aprono ferite dovute alla distanza e alla nostalgia. Le ferite restano, ma si può aiutare ad alleviare il dolore. È di grande aiuto, ad esempio, la tecnologia. Penso alla Rete, ai social media, agli smartphones dai quali non ci separiamo mai. Mi ha fatto pensare molto anche un’altra riflessione, presente nell’introduzione di questo Rapporto, dove si afferma: nell’epoca della massima libertà di movimento e della contrazione degli spazi e dei tempi, assistiamo al grande paradosso della ricerca di incontri e contatti più umani».
Per ordinazioni e presentazioni del Rapporto, inviare e-mail a: rapportoitalianinelmondo@migrantes.it e/o redazione@rapportoitalianinelmondo.it.